Amsicora, l’ultimo Gigante di Sardegna, di Gigi Sanna

PERCHE’ SI SUICIDO’ AMSICORA? TITO LIVIO CI RACCONTA UNA BALLA. PER IGNORANZA O PERCHE’ SU CERTE COSE DI SARDEGNA ERA MEGLIO TACERE?

Il capo guerriero sardo Amsicora, secondo le fonti storiche (Tito Livio), una volta vinto in battaglia dal console romano Tito Manlio Torquato scappò a Cornus e qui, avendo saputo della morte in battaglia del figlio Josto, si sarebbe tolto la vita.
Secondo me le cose non andarono proprio così, non furono così -diciamo – ‘banali’. Per capire il perchè del suo suicidio bisogna capire chi era Amsicora. Chi fosse un po’ ce lo dice lo storico romano nel definire Amsicora ‘longe primus auctoritate’, ovvero un capo ‘assoluto’ o quasi. Il concetto di ‘auctoritas’ a livello istituzionale è difficile da esprimere, soprattutto se inteso alla latina e avulso dal contesto propriamente sardo. Quale ruolo giocasse Amsicora con la sua ‘autorità’ però ce lo dicono espressamente le fonti dirette scritte sarde ovvero la monetazione sarda dove Amsicora, è detto Bar’ak mr e cioè ‘ signore (mr) figlio (bar) del toro (‘ak). I numismatici, nell’interpretare il famoso statere aureo, coniato un po’ prima della guerra contro Roma (215 a.C.), si sono divisi nel dire chi era la figura effigiata nel recto della moneta: c’è chi l’ha ritenuta Amsicora e chi invece una divinità punica. Tutti però si sono basati su semplici congetture e opinioni e per poter capire non hanno indagato più di tanto sull’iconografia ritenendola decorativa e simbolica. Hanno cercato di intendere il motivo della presenza del grande toro nel verso pensando addirittura ad una… ‘concessione’ punica, in un momento così drammatico, circa la antica ‘religio’ dei Sardi che aveva nel toro il simbolo più importante. E il resto? E l’astro radiato? E il cosiddetto ‘crescente lunare’? Che ci stanno a fare al di sopra e al di sotto dell’animale sacro? Il fatto è che oggi (e solo oggi) sappiamo che lo statere ( e non solo questa moneta di Amsicora) non ha solo il ‘decus’ e il ‘symbolum’: ha anche il ‘suono’ ovvero un certo tipo di scrittura che, se posta in luce, ci dice il senso preciso riposto nell’oggetto. Una scrittura criptica a rebus che (testimoni dei documenti che vanno addirittura sino al II secolo d.C.), i nuragici adoperarono sempre in fatto di cose sacre che riguardassero o la divinità taurina (yh) o i figli prediletti di questa. ‘Sempre’ perchè per gli abitanti della Sardegna dell’età del bronzo finale e del ferro non esiste il sacro senza la scrittura e, viceversa, non esiste la scrittura senza il sacro. Per farla breve, la moneta riporta scritta la doppia espressione: ‘Lui continuo (è) la forza continua della luce continua / Lui (è) il signore figlio del toro’ (v. supra). Una doppia espressione che è scritta tenendo conto naturalmente del ‘modus’ topico che contempla l’ideografia, la numerologia e l’acrofonia.
Stando allo statere aureo Amsicora è dunque un capo (mer) straordinario in quanto è il toro immortale figlio della divinità taurina (BR’AK). Espressione questa, come si vede, ben diversa da quella liviana dove il ‘longe primus auctoritate’ non permette affatto di capire che la ‘auctoritas’ è quella spirituale di un condottiero divino ‘continuo’ o ‘immortale’ che dir si voglia. Ora, se così, come credo, stanno le cose e questo dice la moneta, si comprende meglio il significato del suicidio di Amsicora. Amsicora è ‘ancora’, nella storia di Sardegna, uno dei cosiddetti ‘giganti’, è l’ultimo dei ‘tori’ di Monte Prama, l’ultimo degli SHRDN, l’ultimo dei figli immortali della divinità taurina immortale. Non ci vuole molto a capire che un ‘toro immortale e invincibile’, una divinità non può essere catturata e portata a Roma in trionfo (questa era la sorte che attendeva Amsicora) pena l’umiliazione e l’ annientamento del divino. Il suicidio consentiva al condottiero sardo di sottrarsi all’umiliazione e nel contempo mantenere ancora viva l’istituzione regale basata sulla monarchia di origine divina. Dopo la sua morte apparente altri capi sardi ‘divini’ sarebbero sorti dopo di lui e avrebbero proseguito la guerra ad oltranza contro il nemico invasore, tenendo alta la fiaccola della libertà. Come in effetti avvenne, per secoli e secoli anche se bui e quasi del tutto oscurati dalle fonti storiche, tranne in un momento che tutti conoscono: quello di Hospitone ‘rex’ dei Barbaricini (eredi dei sardi antichi combattenti antiromani rifugiatisi nei monti) che guida un popolo ancora ‘nuragico’ per religione (adoratore di ‘legni e pietre’) e che il Pontefice Gregorio Magno intende rendere cristiano.
Per riprendere Tito Livio: a me sembra dunque che lo storico romano più che ignorare abbia preferito tacere sulla vera identità di Amsicora per le implicanze di carattere religioso che facevano del condottiero sardo un dio e non un comune mortale. Quelle implicanze che portarono i Romani a cercare di annichilire non solo Amsicora ma lo stesso antichissimo istituto monarchico di origine divina rappresentato dalle statue dei ‘guerrieri’ e sacerdoti santi di Monte ‘e Prama. La vittoria romana risultava effimera, non era decisiva, se non si fosse cancellato del tutto ‘anche’ il ricordo della grandezza e forza spirituale del passato. Quelle su cui faceva leva Amsicora.
Ma sulla distruzione e il nascondimento delle statue alla luce e della scritta dello statere aureo e dei sigilli di Tzricotu (altre fonti storiche dirette) conto di ritornarci su tra non molto.

Gigi Sanna

Fonte: pagina facebook personale