Aioh! Al bar a parlare di speculazione energetica.
(Tentativo sovrumano di portare la discussione al livello divulgativo riscontrabile negli articoli dell’Unione Sarda)
Un sardo che non intende essere nominato, nel mese di Ottobre 2024 ha scritto il seguente contributo che ho successivamente a accolto nel mio blog!
PREMESSA
- Vista l’insistente, massiccia e quanto meno opinabile, campagna di informazione sullo sviluppo delle Fonti Rinnovabili in Sardegna, attuata da qualche mese dal quotidiano l’Unione Sarda;
- vista la proposta di legge denominata Pratobello 24, conseguenza diretta della suddetta campagna informativa, che arriva fino a proporre soluzioni tecnicamente ed economicamente irrealizzabili, quali gli impianti FV lungo le strade pubbliche;
- vista la Legge Regionale N.5 del 3 Luglio 2024, che dimostra ancora una volta l’incapacità della Regione Sardegna di governare lo sviluppo delle fonti rinnovabili sul proprio territorio, senza considerare il loro contributo all’interno della lotta alla decarbonizzazione del pianeta e senza considerare le ricadute positive in ambito regionale che tale sviluppo può generare;
- vista la DGR N.36/1 del 19 settembre 2024 che contiene il DdL per l’individuazione delle aree idonee ai sensi del DM 21/06/2024, che riesce anche ad impedire alle imprese sarde di realizzare impianti FV in zona industriale per autoconsumo, con possibili ripercussioni negative sull’occupazione;
- vista la molteplicità di progetti FER depositati al MASE per la Valutazione di Impatto Ambientale, che possono avere, anche per la loro densità e sovrapposizione in specifiche zone, effetti deleteri sul patrimonio paesaggistico e storico culturale della Sardegna;
- osservato che gli uffici del MASE non riescono a pronunciarsi in merito alla compatibilità ambientale dei progetti nei tempi stabiliti dalla legislazione vigente, anche per la posizione ostativa assunta a priori dalle Soprintendenze;
- considerata la stratificazione e complessità della legislazione regolante la materia, che ha avuto negli ultimi due anni un’impennata caotica, dettata dalla necessità di rispettare, in tempi certi, gli indirizzi e gli obiettivi quantitativi stabiliti dalle direttive unionali emanate per contrastare i cambiamenti climatici;
- osservato che la sindrome NIMBY (bene le fonti rinnovabili, ma non nel mio giardino), unitamente ad un diffuso oscurantismo in materia, sta caratterizzando il dibattito di merito, influenzando le debite riflessioni del legislatore regionale;
la presente nota, pur cercando di mantenere la giusta rigorosità nell’elencazione della complessa legislazione sovraordinata esistente, col fine di farla conoscere agli attori del pubblico dibattito (giornalisti, sindaci, tecnici e politici regionali) esce deliberatamente dalle righe del politically correct, per adattarsi all’attuale clima che sta appassionando i cittadini sardi.
Qualcunohadetto:
“la terra non l’abbiamo avuta in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli”
I sardi devono decidere se la terra che vogliamo lasciare ai nostri figli coincide con il territorio della Regione Sardegna o con l’intero pianeta.
Alriguardosarebbeopportunocapirecosanepensanoigiovanisardi
(anche se ce ne sono sempre meno perché stanno scappando dalla Sardegna).
E’ inutile salvaguardare solo il territorio della Sardegna se poi questo diventerà inabitabile in quanto oggetto di cambiamenti climatici, con aumento delle temperature, innalzamento delle acque del mare ed eventi meteorologici estremi.
La Comunità europea si sta muovendo nella direzione di salvare l’intero pianeta (dando il buon esempio a livello mondiale) e in tal senso ha emanato direttive che promuovono le Fonti Rinnovabili in quanto primo strumento efficace, oggi disponibile (poi ci sarà il nucleare – a meno di grandi sviluppi sulle batterie), per la decarbonizzazione del pianeta.
La Sardegna può e deve dare il proprio contributo; non serve tanto, ma questo pochi lo sanno: non lo sanno i cittadini e probabilmente non lo sanno nemmeno i politici, e la campagna informativa dell’Unione Sarda o di Videolina, che si limita a rappresentare soltanto una faccia della medaglia, non aiuta i sardi a capire quale sia l’effettiva posta in gioco.
Non è a caso che le principali associazioni ambientaliste, WWF, Lega Ambiente, Greenpeace, Kyoto club, si collocano in una posizione opposta rispetto agli orientamenti che sta assumendo il legislatore sardo.
PARTEI
1997÷2012–LEORIGINIEILPRIMOSVILUPPODELLEFER
1997 – Il protocollo di Kyoto
Tutto ha origine dal protocollo di Kyoto che è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il surriscaldamento globale, pubblicato l’11 dicembre 1997 nella città giapponese di Kyoto in occasione della Conferenza delle parti “COP 3” della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).
2001 – La Direttiva 2001/77/CE del 27/09/2001
Dopo Kyoto la Comunità Europea decise di dare attuazione a provvedimenti concreti per combattere i cambiamenti climatici derivanti dall’effetto serra causato dall’eccesso di anidride carbonica presente nell’atmosfera, emanando la Direttiva 2001/77/CE del 27/09/2001.
Si legge negli incipit della Direttiva 77 del 2001:
“(1) Il potenziale di sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili e` attualmente sottoutilizzato nella Comunita`. Quest’ultima riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile.
Esse possono inoltre creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire più rapidamente gli obbiettivi di Kyoto.
- La promozione dell’elettricita` prodotta da fonti energetiche rinnovabili e` un obiettivoaltamenteprioritario a livello della Comunità, come illustrato nel Libro Bianco sulle fonti energetiche rinnovabili (GU C 198 del 24.06.1998), per motivi di sicurezza e diversificazione dell’approvvigionamento energetico, protezione dell’ambiente e coesione economica e sociale. ……
- Il maggiore uso di elettricita` prodotta da fonti energetiche rinnovabili e` una parte importante del pacchetto di misure necessarie per conformarsi al protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dei pacchetti di politiche intese ad onorare ulteriori impegni.”
2003–Dlgs387/2003di “Attuazionedelladirettiva2001/77/CErelativaallapromozionedell’energiaelettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità“
I principi e gli impegni Comunitari hanno trovato la prima applicazione in Italia con l’emanazione del Dlgs 387/2003. L’art.12 del Dlgs introduce l’Autorizzazione Unica, per l’autorizzazione alla Costruzione e all’Esercizio di un impianto FER.
In ragione dei contenuti della Direttiva 77/2001 e del Dlgs 387/2003, oggi in Italia (e nella UE) l’attività di produzione di energia elettrica è libera (cfr. Dlgs 79/99) e si esplica all’interno di una disciplina di tipo autorizzatorio e non più concessorio (come avveniva prima della Direttiva 96/92/CE).
Un impianto di produzione di energia da FER può essere realizzato da chiunque, nei termini di legge (Dlgs 387/03 e Dlgs 28/11), e il Gestore di Rete con obbligodiconnessionediterzi(questo si concessionariodella rete di Trasmissione o di Distribuzione) ha l’obbligo di connettere alla rete l’impianto di produzione da FER, purché siano rispettati i dovuti requisiti tecnici (Dlgs 387/03, Art.14 comma 2, lettera f-quater: obbligo anche in caso in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l’energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui).
Il regime autorizzatorio(sancito dall’art.6 della D. 2001/77/CE e recepito dall’art.12 del Dlgs 387/03 e dal Dlgs 28/11), è tale da favorire l’iniziativa privata, privilegiando la realizzazione degli impianti e ponendo in subordine le problematiche di rete.
Tale impostazione generale, pur all’interno delle note complessità e lungaggini burocratiche, unitamente ai sostegni operativi concessi in passato (incentivi sulla produzione), si è dimostrata strumento valido per favorire l’evoluzione dello sfruttamento delle FER, in special modo nel sud Italia, e consentirà ancora (nel prossimo decennio) all’iniziativaprivata,senzaulterioriincentivipubblici,direalizzaregrandiimpiantiingradodi produrre energia pulita a prezzi inferiori a quelli attuali di mercato (ancora ed in special modo nel sud Italia).
Areeesiti NONidonei
Rileva nell’art. 12 del Dlgs 387/03 il comma 10 che pianifica l’emissione di linee guida per lo svolgimento del procedimento autorizzativo e per il corretto inserimento degli impianti sul territorio, introducendo per la prima volta il concetto di Area e siti NON idoneiall’installazione di specifiche tipologie di impianti.
“10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attivita` produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attivita` culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio.
Inattuazioneditalilineeguida,leregionipossonoprocedereallaindicazionediareeesitinonidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali.”
2005 ÷ 2012 – Gli incentivi alla produzione da impianti FV ed eolici
Successivamente al Dlgs 387/03, l’emanazione di una serie di misure volte alla promozione e al sostegno economico dello sviluppo delle FER (vedasi in particolare i diversi pacchetti di incentivi in “Conto Energia”, che hanno permesso in via preminente lo sviluppo della tecnologia fotovoltaica, portando il FV in autoconsumo sui tetti delle ns. case e dei ns. opifici) hanno condotto alla situazione attuale, che vede in Italia una penetrazione delle FER in grado di coprire circa il 20% dei Consumi Finali Lordi (CFL) nazionali.
In particolare, relativamente al fotovoltaico, risulta tangibile l’efficacia delle misure di promozione e sostegno attuate con i diversi “Conti Energia” che si sono succeduti nei circa 15 anni del recente passato: un modulo Fotovoltaico che nel 2006 (1° Conto Energia) aveva un costo di circa 3.600 €/kWp oggi costa attorno a 250
€/kWp: ovvero15voltedi meno.
Oggi il fotovoltaico ha raggiunto un livello di affidabilità tecnologica e di costo tale da rendere gli impianti di produzione in grado di autosostenersi, almeno nei grandi impianti Utility Scale, senzanecessitàdi incentivi. Risulta così superata quella visione restrittiva del fotovoltaico che lo vedeva economicamente sostenibile solamente nelle applicazioni con autoconsumo e nella piccola generazione distribuita.
Oggi si possono costruire vantaggiosamente, per la collettività e per gli investitori, vere centrali di produzione elettrica da fonte solare fotovoltaica, in grado di produrre energia a basso costo ovvero con costi di produzione attorno a 50€/MWh, inferiori alla media ante covid in Sardegna di 61€/MWh(derivante da un costo medio del gas attorno a 20 €/MWht) e inferiori al PUN di Luglio 2024 pari a 112 €/MWh, sulla base del quale abbiamo pagato le bollette di luglio.
Da notare che dal primo gennaio 2025, le bollette non saranno pagate più in base al PUN (Prezzo Unico Nazionale), bensì in base ai prezzi di ciascuna Zona di Mercato; in Sardegna i prezzi zonali sono già più bassi dei prezzi delle altre zone e sono pertanto destinati a ridursi sempre più con la messa in esercizio di nuovi impianti da FER.
I limiti e i vantaggi delle Fonti di Energia Rinnovabile
La produzione di energia elettrica incide per circa il 50% sulla produzione di anidride carbonica nell’UE.
Le fonti fossili sono responsabili per il 75% della CO2 immessa nell’atmosfera nella produzione dell’energia elettrica, contribuendo in modo tangibile all’effetto serra ed al riscaldamento del pianeta, origine dei cambiamenti climatici.
La produzione di energia elettrica da Fonti Rinnovabili non genera anidride carbonica.
Purtroppo le energie contenute nelle fonti rinnovabili (sole e vento), si contraddistinguono per una bassa “densità energetica” se paragonate alle fonti fossili (leggi: hanno bisogno di molto spazio a parità di energia prodotta, rispetto alle fonti fossili).
E’ per questo motivo che l’art.12, comma 7, del Dlgs 387/03 prevede che gli impianti FV possonorealizzarsi anche in zone agricole.
Facciamocene una ragione: i tetti e le aree industriali non bastano a produrre tutta l’energia da rinnovabili che servirà (in base a quanto calcolato dall’UE) per contrastare efficacemente l’aumento della temperatura del pianeta.
Per produrre in un anno 1.600 MWh di energia da FV occorre un impianto da 1 MWp che impegna una superficie di almeno un ettaro (per riuscire a catturare appena l’8% dell’energia solare incidente); la stessa energia in una centrale termoelettrica viene prodotta “bruciando” circa 430 mc di olio combustibile (che stanno in un serbatorio di qualche decina di mq).
Inoltre le energie prodotte da FR non sono costanti nelle diverse ore di una giornata, in quanto dipendono dalla presenza di sole e di vento.
Però le fonti primarie (sole e vento) sono gratuite e si ripetono nel tempo, mentre l’olio combustibile lo dobbiamo comprare dall’estero, ogni anno.
Associato un ettaro di terreno ad ogni MWp di FV, l’obiettivo attribuito alla Sardegna di installare circa 6,2GW entroil2030, si traduce (escludendo il contributo dell’eolico) nella necessità di insediare impianti in almeno6.200 ha, ovvero in circa lo 0,26 % del territorio della Sardegna (pari a circa 24.000 kmq).
PARTEII
2010÷2020PERIODOCONLEGISLAZIONECONSOLIDATA
Negli anni fra il 2012 (V conto energia) e il 2019 (anno di emanazione del decreto di sostegno al FV denominato FER1) non vigevano incentivi e la proliferazione degli impianti FV ha rallentato; sono stati realizzati prevalentemente impianti domestici e impianti per autoconsumo da decine di kWp fino a qualche MWp soprattutto sui tetti degli edifici.
2010 – DM 10/09/10 Linee Guida per il corretto inserimento degli impianti nel territorio
Nel 2010 vengono pubblicate le linee guida previste dal comma 10 dell’art.12 del Dlgs 387/03.
Nel paragrafo 17. della parte IV “Inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio” del DM 10/09/10appareladefinizionediareeesitiNONidoneiall’installazionediimpiantidaFER,lacuientità è subordinata al raggiungimento di obiettivi minimi di burden sharing.
“17.1. Al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possonoprocedere allaindicazionedi areeesitinonidonei allainstallazionedispecifichetipologie di impianti secondo le modalità di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all’Allegato 3
L’individuazione della non idoneità dell’area è operata dalle Regioni attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità diesito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione. Gli esiti dell’istruttoria, da richiamare nell’atto di cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna area individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle disposizioni esaminate.
17.2. Le Regioni e le Province autonome conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenticonla quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing), in applicazione dell’articolo 2, comma 167, della legge n. 244 del 2007, come modificato dall’articolo 8-bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti.
Le aree non idonee sono, dunque, individuate dalle Regioni nell’ambito dell’atto di programmazione con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme.
Con tale atto, la regione individua le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico obiettivo assegnatole.”
Nell’allegato3alparagrafo17sonoriportatii“Criteriperl’individuazionedelleareeNONidonee”
“L’individuazione delle aree e dei siti non idonei mira non già a rallentare la realizzazione degli impianti, bensì ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di riferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti.
L’individuazione delle aree non idonee dovrà essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalità indicate al paragrafo 17 e sulla base dei seguenti principi e criteri:
- l’individuazione delle aree non idonee deve essere basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad aspetti di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del territorio e del sito;
- l’individuazione delle aree e dei siti non idonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto;
- ai sensi dell’articolo 12, comma 7 (del Dlgs 387/03 – ndr), le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei;
- l’individuazione delle aree e dei siti non idonei non può riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione difascedi rispettodi dimensioni nongiustificate da specifichee motivate esigenze ditutela.
La tutela di tali interessi è infatti salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate, nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle Regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all’uopo preposte, che sono tenute a garantirla all’interno del procedimento unico e della procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale nei casi previsti.
L’individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio, anche in termini di opportunità localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio;
- nell’individuazione delle aree e dei siti non idoneile Regioni potranno tenere conto sia di elevate concentrazioni di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nella medesima area vasta presceltaperlalocalizzazione, sia delle interazioniconaltriprogetti,pianieprogrammipostiinessere o in progetto nell’ambito della medesima area;
- in riferimento agli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, le Regioni, con le modalità di cui al paragrafo 17, possono procedere ad indicare come aree e siti nonidoneialla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali o del paesaggio, ricadenti all’interno di quelle di seguito elencate, in coerenza con gli strumenti di tutela e gestione previsti dalle normative vigenti e tenendo conto delle potenzialità di sviluppo delle diverse tipologie di impianti……”
Rileva dalla lettura del paragrafo 17 e dell’Allegato 3 del DM 10/09/10 la ratio del “criterio residuale” delle aree non idonee all’installazione di impianti da FER, come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale in numerose sentenze.
Inparticolare,laSentenzaN.224del2012(emessa nel giudizio di legittimità delle Leggi della RAS N.2/2007 e N.3/2009 – Presidente Cappellacci) riporta:
“La ratio ispiratrice del criterio residualedi indicazione delle aree non destinabili alla installazione di impianti eolici deveessereindividuatanelprincipiodimassimadiffusionedellefontidienergiarinnovabili,derivantedallanormativa europea richiamata al paragrafo 4.1.
Quest’ultimo trova attuazione nella generale utilizzabilità di tutti i terreni per l’inserimento di tali impianti, con le eccezioni, stabilite dalle Regioni, ispirate alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti nell’ambito delle materie di competenza delle Regioni stesse.
Ove la scelta debba essere operata da Regioni speciali, che possiedono una competenza legislativa primaria in alcune materie, nell’ambito delle quali si possono ipotizzare particolari limitazioni alla diffusione dei suddetti impianti, l’ampiezzaelaportatadelleesclusionideveesserevalutatanonallastreguadeicriterigeneralivalidipertutteleRegioni, mainconsiderazionedell’esigenzadidareidoneatutelaagliinteressisottesiallacompetenzalegislativastatutariamente attribuita.
Nel caso oggetto del presente giudizio, bene avrebbe potuto la Regione Sardegna individuare le aree non idonee all’inserimento di impianti eolici con riferimento specifico alla propria competenza primaria in materia paesistica, differenziandosi così dalle Regioni cui tale competenza non è attribuita.
Non appartiene invece alla competenza legislativa della stessa Regione la modifica, anzi il rovesciamento, del principio generale contenuto nell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003.
Con tale inversione del criterio di scelta, la Regione Sardegna ha superato i limiti della tutela del paesaggio, per approdareadunarilevanteincisionediunprincipiofondamentaleinmateriadi“energia”,afferenteallalocalizzazione degli impianti, la cui formulazione, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., spetta in via esclusiva allo Stato, come ripetutamente affermato dalla sopra citata giurisprudenza di questa Corte.
Né potrebbe dirsi che la trasformazione dell’eccezione in regola sia operazione neutra rispetto alla consistenza del principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, che risulta logicamente e praticamente contraddetto, inviagenerale,dallaimplicitadichiarazionediinidoneitàdell’interoterritorioregionale,desumibileinmodounivoco dalla norma censurata.
Osta a tale rovesciamento metodologico anche la considerazione che l’inserimento di eccezioni al principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili dovrebbe essere sorretta da adeguate e concrete ragioni di tutela paesaggistica, mentre la generale esclusione di tutto il territorio – tranne le aree tassativamente indicate – esime dalla individuazione della ratio che presiede alla dichiarazione di inidoneità di specifiche tipologie di aree.”
*****
L’aspetto curioso è che la RAS (presidente Todde) con l’ultima DGR N.36/1 del 19/09/24, ricade nelle medesime disposizioni già censurate dalla sentenza N.224 sopra citata, semplicemente per il fatto che individua le “aree idonee” (di cui parleremo più avanti), come le sole che possano accogliere impianti daFER ed estende le aree NON idonee praticamente a tutto il territorio regionale.
*****
Onde fugare accuse di faziosità sui contenuti della presente nota, si riportano di seguito due sentenze illuminanti, in merito alla complessità degli argomenti in oggetto.
TAR MOLISE (sez. I – 08/04/2009, n.115)
“… alla concezione totalizzante dell’interesse paesaggistico, […], non può sostituirsi una nuova concezione totalizzante dell’interesseambientalechenepostulilatutela“adognicosto”anchemediantelosviluppodifontidienergiaalternativa idoneeadoperareunariduzionedelleemissionidigasadeffettoserramadigraveedirreversibileimpattopaesaggistico, perché se la riduzione delle emissioni attraverso la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l’ambiente, tra le quali rientrano gli impianti eolici, costituisce un impegno internazionale assunto dallo Stato italiano […], è parimenti vero che anche la salvaguardia del Paesaggio costituisce oggetto di impegni assunti dall’Italia in sede internazionale [.…] sicché il conflitto tra tutela paesaggioetuteladell’ambiente(eindirettamentedellasalute)nonpuòessererisoltoinforzadiunanuovaaprioristica gerarchiacheinvertelascaladivalori(nonconfigurabileneppureinvocandolarafforzatacogenzadegliobblighiassunti in forza di convenzioni internazionali di cui si giovano come detto sia i valori paesaggistici che quelli ambientali), ma deve essere necessariamente operato in concreto, attraverso una ponderazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti,nonpotendosiconfigurarealcunapreminenzavalorialenéinunsenso(afavoredelpaesaggio)nénell’altro (a favore dell’ambiente e del diritto alla salute o del diritto di intrapresa economica).”
TAR Lombardia Brescia, Sez. I, n.904 del 17/12/2010:
“Ilfavorlegislativoperlefontienergeticherinnovabilirichiedediconcentrarel’impedimentoassolutoall’installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesistico unicamente nelle “aree non idonee” espressamente individuate dalla regione secondo quanto previsto al punto 17 del D.M. 10 settembre 2010.
Negli altri casi, la compatibilità dell’impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto del fatto che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio”.
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2020–DGRRAS(presidente Solinas) N.59/90del27/11/20,di“IndividuazionedelleareeNONidonee all’installazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili.”
Finalmente, dopo 10 anni dalla pubblicazione delle Linee Guida, e dopo tanti tentativi confusionari e illegittimi (presidenze Cappellacci e Pigliaru), la RAS riesce a produrre un documento condivisibile in tema di aree NON idonee all’installazione di impianti da FER, ovvero di aree laddove i progetti avrebbero “unaelevataprobabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione” (cfr. punto 17.1 delle linee guida).
La DGR 59/90 (tutt’oggi vigente) ha pertanto definito un quadro chiaro dei siti NON idonei, all’interno dei quali è meglio non intervenire (anche se non è vietato a priori) e di conseguenza della restante grande parte del territorio ove è possibile localizzare grandi impianti da FER, previa Verifica/valutazione positiva di compatibilità ambientale (oggi a cura del MASE).
La DGR 59/90 ha lasciato pertanto all’iniziativa privata tanto spazio ove prevedere progetti di impianti eolici e fotovoltaici; al 2020 questo scenario non lasciava intravvedere particolare criticità.
Il ritorno economico atteso dagli investitori, in virtù dei costi effettivi presunti per la realizzazione e gestione di impianti eolici e FV (sempre in discesa grazie all’evoluzione tecnologica), ha però radicalmente modificato le previsioni.
Gli impianti Utility scale riescono infatti ad assicurare giusti ritorni economici anche vendendo l’energia elettrica a prezzi molto bassi, rispetto a quelli che si verificano oggi sul mercato zonale, sostanzialmente dettati dal prezzo del gas.
Sièassistitopertanto ad unaenormeedinaspettatamolediprogettipresentati; conimpiantivicinissimi fra loro e talvolta addirittura sovrapposti (eolici sopra FV); la stragrande parte di questi progetti è in attesa di valutazione di compatibilità da parte del MASE.
In attesa delle valutazioni del MASE è sorta nella collettività e negli uffici regionali la paura di una invasione incontrollata di progetti in grado di modificare in modo irreversibile il contesto produttivo, paesaggistico e culturale dell’intero territorio della Sardegna.
Siamo pertanto qui a parlare di come riuscire governare questo trend che sembra inarrestabile, ancorché generato nel rispetto delle normative vigenti.
Non esiste infatti alcuna “speculazione” energetica (in termini negativi) come invece narrato dai media regionali, stiamo semplicemente assistendo ad una moltitudine di proposte di investimenti privati (senza incentivi pubblici) legittimati dalla legislazione vigente che promuove lo sviluppo di tali iniziative nell’interesse collettivo.
La soluzione al problema Sardegna non sta però con quanto prospettato nei giornali regionali, o nelle proposte di legge estemporanee o in quelle proposte dal governo della RAS.
La soluzione va ricercata allargando gli orizzonti di analisi e abbandonando l’approccio semplicistico a cui stiamo assistendo; ovvero (a titolo indicativo):
- avendocontezzadiquantostasuccedendoalpianeta(prima) eallaSardegna(poi) e del fatto che oggi le fonti rinnovabili costituiscono il primo strumento disponibile ed efficace per la decarbonizzazione;
- individuando le criticità normative che consentono uno sviluppo esponenziale non controllato (i contenuti delle leggi – proponendone gli aggiustamenti);
- risolvendolecriticitàattuative(le procedure autorizzative che non si concludono mai – occorre conoscere quanto prima quanti fra i progetti depositati saranno effettivamente approvati);
- ponderandoattentamentesvantaggievantaggiassociabiliall’insediamentodeigrandiimpianti(non si parla mai delle ricadute economiche e occupazionali su scala locale derivanti da questi grandi investimenti, effettuati da privati in assenza di incentivi pubblici);
- considerandolatemporaneità(ancorché sul lungo periodo) delladurataineserciziodegliimpianti
(20÷40 anni),e acquisendo la consapevolezza che poi tutto tornerà come prima;
- assicurando che le realizzazioni vengano progettate ed eseguite in linea con il principio DNSH (Do No Significant Harm – Reg.UE 2020/852) in modo da non recare danni irreversibili all’ambiente e al paesaggio (promuovendo solo i progetti con queste caratteristiche);
- prevedendo (prima dell’inizio delle costruzioni) adeguate e certe garanzie in merito alla corretta costruzioneeallosmantellamentodegliimpiantialterminedelperiododiesercizioautorizzato(bene su questo profilo quanto preannunciato nel recente DDL della RAS per le fideiussioni – andrebbe esteso anche agli impianti di notevole dimensione non soggetti ad Autorizzazione Unica).
Legislazione per il FV nelle aree agricole.
Larealizzazionediimpiantifotovoltaicinelleareeagricolenonèmaistatavietatafinoal2024 (Decreto agricoltura del Ministro Lollobrigida N.63 del 15/05/24).
Sonoancoravigenti:
- Art.12,comma7,delDlgs387/03:
“7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all‘articolo 2, comma 1, lettere b) e c) (impianti da FER – ndr), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.”
- Art. 5, comma 9, del DM 19/02/07 (noto come II Conto Energia)
“9. Ai sensi dell’art. 12, comma 7, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.387, anche gli impianti fotovoltaicipossonoessererealizzatiinareeclassificateagricoledai vigenti piani urbanistici senza la necessità di effettuare la variazione di destinazione d’uso dei siti di ubicazione dei medesimi impianti fotovoltaici.”
- Art. 15.3 del DM 10/09/10 (linee Guida)
“15.3. Ove occorra, l’autorizzazione unica costituisce di per sé variante allo strumento urbanistico. Gliimpianti possono essere ubicati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual caso l’autorizzazione unica non dispone la variante dello strumento urbanistico.
Nell’ubicazione degli impianti in tali zone si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.228, articolo 14. Restano ferme le previsioni dei piani paesaggistici e delle prescrizioni d’uso indicate nei provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e
s.m.i. recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, nei casi previsti.”
2012 – DL N.1 del 24/01/12 Divieto incentivi per impianti FV a Terra.
L’art.65, comma 1, del DL 1/12 dispone:
“1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, non è consentito l’accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.”
PARTEIII
2018÷2021EVOLUZIONEDELLO SCENARIO
2018 – Nel 2018 la Comunità europea da un nuovo impulso alle FER per contrastare fattivamente la lotta ai cambiamenti climatici (pacchetto RED II). Vengono emanati i seguenti due provvedimenti che costituiscono, ancora oggi, seppur con le correzioni/aggiornamenti della recenteDirettivaUE2023/2413(non ancora recepita dall’Italia che ha pertanto ricevuto, la settimana scorsa, l’avvio della procedura di infrazione), il quadro regolatorio di riferimento a livello unionale.
- il Regolamento UE n.2018/1999 dell’11/12/2018, sulla Governance dell’Unione dell’Energia, che definisce i traguardi per il 2030 in materia di energia e clima di ciascun stato membro (Art.4) e che è stato oggetto di aggiornamento con regolamento UE n.2021/1119 del 30/06/21, che sancisce l’obiettivo vincolante di neutralità climatica al 2050 (Art.1);
- la Direttiva UE n.2018/2001 dell’11/12/2018, sulla Promozione dell’uso dell’energia da Fonti Rinnovabili, che stabilisce la quota di energia da Fonti Rinnovabili sul Consumo Finale Lordo (CFL) di Energia nell’unione al 2030 (art.3).
2019–PNIECPianoNazionaleIntegratoperl’EnergiaeilClima
La proposta di PNIEC elaborata dallo Stato Italiano (versione del dicembre 2019), risponde agli impegni dettati dai due precedenti provvedimenti sovraordinati (quota di energia da FER nei Consumi Finali Lordi di Energia al 2030 pari al 30%) e dovrà adeguarsi al nuovo e più sfidante regolamento UE n.2021/1119
2021 – PNRR dopo il COVID del 2019 (Governo Conte 5 stelle)
Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Aprile 2021) riprende i contenuti e gli obiettivi del PNIEC/2019, programmando misure di sostegno per la realizzazione di impianti FER.
2021–RegolamentoUEn.2021/1119del30/06/21,che stabilisce i seguenti tre obiettivi/traguardi:
- Obiettivo vincolante della neutralità climatica nell’Unione al 2050 (art.1);
- Traguardovincolantediriduzioneinternanettadelleemissionidigasaeffettoserra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 (art.4);
- Emissioni negative di gas antropogenici nell’Unione successivamente al 2050 (art.2).
Si legge negli incipit dell’adozione del regolamento UEn.2021/1119del30giugno2021:
“(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici richiede una maggiore ambizione e un’intensificazione dell’azione per il clima da parte dell’Unione e degli Stati membri. L’Unione si e` impegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti climatici e a dare attuazione all’accordo di Parigi adottato nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici («accordo di Parigi»), guidata dai suoi principi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche disponibili, nel contesto dell’obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura previsto dall’accordo di Parigi.
- Nella comunicazione dell’11 dicembre 2019 intitolata «IlGreenDealeuropeo»la Commissione ha illustrato una nuova strategia di crescita mirata a trasformare l’Unione in una societa` giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioninettedigasaeffettoserraeincuilacrescitaeconomicasaràdissociatadall’usodellerisorse.
- Il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), nella sua relazione speciale del 2018 concernente gli effetti del riscaldamento globale di 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali e relative traiettorie delle emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale nell’ambito del rafforzamento della risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici, dello sviluppo sostenibile e degli sforzi per eliminare la poverta`, fornisce una solida base scientifica per affrontare i cambiamenti climatici e evidenzia la necessita` di intensificare rapidamente l’azione per il clima e di continuare la transizione verso un’economia climaticamente neutra. Tale relazione conferma che le emissioni di gas a effetto serra devono essere ridotte quanto prima e cheil cambiamentoclimatico deveesserelimitato a 1,5 °C, in particolare per ridurrela probabilitàdi eventi meteorologici estremi e il raggiungimento di punti di non ritorno.
(5) È` necessario affrontare i crescenti rischi per la salute connessi al clima, tracuiondatedicalore,inondazioni eincendiboschivipiùfrequentieintensi, minacce alla sicurezza alimentare e idrica, nonche´ la comparsa e la diffusione di malattie infettive.
(7) L’azione per il clima dovrebbe rappresentare un’opportunita` per tutti i settori dell’economia nell’Unione per contribuire ad assicurare la leadership industriale nel campo dell’innovazione globale. Sotto l’impulso del quadro normativo definito dall’Unione e degli sforzi compiuti dalle industrie europee, èpossibiledissociare la crescita economica dalle emissioni di gas a effetto serra. Ad esempio, le emissioni di gas a effetto serra nell’Unione sono state ridotte del 24 % tra il 1990 e il 2019 mentre, nello stesso periodo, l’economia è cresciuta del 60 %.
(11) Vistal’importanzadellaproduzioneedelconsumodienergiaperillivellodiemissionidigasaeffetto serra, e` indispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione delle energie rinnovabili, su un mercato interno dell’energia ben funzionante e sulmiglioramentodell’efficienzaenergetica, riducendo nel contempo la poverta` energetica.
(17) L’Unione dovrebbe proseguire la sua azione per il clima e mantenere la leadership internazionale su questo versante anche dopo il 2050, al fine di proteggere le persone e il pianeta dalla minaccia di cambiamenti climatici pericolosi, in vista dell’obiettivo di lungo termine relativo alla temperatura stabilito dall’accordo di Parigi……
(19) Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 15 gennaio 2020 sul Green Deal europeo, ha chiesto che la transizione, ormai indispensabile, verso una società climaticamente neutra avvenga entro il 2050 al più tardi e divenga una storia di successo europea e, nella sua risoluzione del 28 novembre 2019 sull’emergenza climatica e ambientale, ha dichiarato l’emergenza climatica e ambientale.
Ha inoltre invitato più volte l’Unione a innalzare il suo traguardo per il 2030 in materia di clima e a inserire tale traguardo più ambizioso nel presente regolamento. Il Consiglio europeo, nelle conclusioni del 12 dicembre 2019, ha approvato l’obiettivo di conseguire la neutralita` climatica dell’Unione entro il 2050, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi, pur riconoscendo che e` necessario predisporre un quadro favorevole che vada a beneficio di tutti gli Stati membri e comprenda strumenti, incentivi, sostegno e investimentiadeguatiperassicurareunatransizioneefficienteinterminidicosti,giusta,socialmente equilibrata ed equa, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali in termini di punti di partenza.
(26) Come annunciato nel Green Deal europeo, la Commissione ha valutato il traguardo dell’Unione di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030 nella sua comunicazione del 17 settembre 2020 «Un traguardo climatico 2030 piu` ambizioso per l’Èuropa — Investire in un futuro a impatto climatico zero nell’interesse dei cittadini», sulla base di un’ampia valutazione d’impatto e tenendo conto della sua analisi dei piani nazionali integrati per l’energia e il clima che le sono trasmessi a norma del regolamento (UÈ) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Alla luce dell’obiettivo della neutralità climatica da conseguire per il 2050, entro il 2030 dovrebbero essere ridotte le emissioni di gas a effetto serra e aumentati gli assorbimenti, in modo tale che le emissioni nette di gas a effetto serra – ossia le emissioni al netto degli assorbimenti — siano ridotte, in tutti i settori dell’economia e a livello dell’Unione, di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Il Consiglio europeo ha approvato tale obiettivo nelle sue conclusioni del 10 e 11 dicembre 2020. Ha inoltre fornito orientamenti iniziali sulla sua attuazione. Tale nuovo obiettivo climatico dell’Unione per il 2030 costituisce un obiettivo successivo ai sensi dell’articolo 2, punto 11, del regolamento (UE) 2018/1999, e conseguentemente sostituisce l’obiettivo dell’Unione di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 stabilito nel medesimo punto.
(32) Gli ecosistemi, le persone e le economie di tutte le regioni dell’Unione si troveranno ad affrontare i gravi effetti dei cambiamenti climatici, quali calore estremo, inondazioni, siccità, carenza idrica, innalzamento del livellodelmare,scioglimentodeighiacciai,incendiboschivi,sradicamenticausatidalventoeperdite agricole.I recenti eventi estremi hanno gia` inciso in modo sostanziale sugli ecosistemi, con ripercussioni sul sequestro del carbonio e sulle capacita` di stoccaggio delle foreste e dei terreni agricoli. “
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In termini numerici i pozzi naturali in grado di assorbire maggiori quantità di carbonio rispetto a quella che emettono (suolo, foreste, oceani), adoggirimuovonocirca9,5÷11Gtonn/ydigasantropogenici; nel2019 le emissioni globali di CO2hanno superato di più di tre volte (circa 38 Gtonn/y) la capacità di assorbimento dei pozzi naturali (Fonte: Parlamento Europeo articolo del 28/06/21).
Ad oggi, nessun pozzo di assorbimento artificiale è in grado di rimuovere la necessaria quantità di carbonio dall’atmosfera necessaria a combattere il riscaldamento globale.
Il carbonio conservato nei pozzi naturali come le foreste è rilasciato nell’atmosfera attraverso gli incendi, i cambiamenti nell’uso del terreno e i disboscamenti.
Per questo motivo è fondamentale ridurre le emissioni di carbonio per poter raggiungere la neutralità climatica.
Sileggenell’art.4delregolamentoUE2021/1119:
“Al fine di garantire che siano profusi sforzi di mitigazione sufficienti fino al 2030, ai fini del presente regolamento e fatto salvo il riesame della legislazione dell’Unione di cui al paragrafo 2, il contributo degli assorbimenti netti al traguardo dell’Unione in materia di clima per il 2030 è limitato a 225 milioni di tonnellatedi CO2equivalente (0,225 Gtonn/y ndr).Al fine di potenziare il pozzo di assorbimento del carbonio in linea con l’obiettivo del conseguimento della neutralita` climatica entro il 2050, l’Unione punta ad aumentare il volume del proprio pozzo netto di assorbimento del carbonio nel 2030.”
Scenario al 2021
All’interno di questo contesto il ruolo numerico e temporale svolto dalla produzione di energia da FER è rilevante.
Considerato che un ettaro di foresta assorbe in media attorno a 35 tonn CO2/y e che un impianto FV da un MWp, che produce annualmente circa 1.600 MWh/y, evita emissioni di CO2, per una pari produzione da fonti fossili, per circa (1600 MWh/y x 0,449 tonn/MWh – Parametro da rapporto ISPRA N.363/0222) 720 tonn/y, si percepisce la portata delle FER ai fini della riduzione globale della CO2.
Un impianto FV da 1 MWp che occupa poco più di 1 ha, la cui messa in esercizio può richiedere poco più di un anno (al netto dei tempi per l’ottenimento delle autorizzazioni), evita pertanto emissioni di CO2corrispondenti a circa (720/35) 20 ha di foresta.
Analogamente, nel caso di una pala eolica da 1 MW che produce circa 2.500 MWh/anno, il contributo alla decarbonizzazione equivale all’assorbimento ottenuto da circa 30 ha di foresta.
Peraltro i tempi necessari per l’impianto e la “messa in esercizio” di nuove foreste non sono paragonabili con i tempi di costruzione e messa in esercizio di un impianto di produzione energia da FER.
Conclusione:
La produzione di energia da FER costituisce, sia per celerità di messa in esercizio che per quantità di emissioni antropogeniche evitate, il primo strumento oggi disponibile per il raggiungimento dell’obiettivo di decarbonizzazione nei tempi necessari ad evitare l’irreversibilità del riscaldamento globale del pianeta e i cambiamenti climatici.
Questoinattesadel piùefficacestrumentodidecarbonizzazionenellaproduzionedienergiaelettrica, che sarà costituito dalle centrali nucleari (considerazione soggettiva ?), per le quali bisognerà attendere almeno 20 anni.
Larincorsaaiterreniagricoliperl’insediamentodiimpiantiFER
All’interno del contesto normativo e programmatico sopra tracciato e tutt’oggi vigente, che promuove e incentiva la produzione di energia elettrica da Fonti Rinnovabili, all’interno del generale “principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili” di dettato comunitario e costituzionale, gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Unione potranno essere raggiunti in via principale con l’installazione, da partedi soggetti privati, di impianti Eolici e Fotovoltaici, che ad oggi rappresentano le tecnologie più mature in termini di produzione sostenibile di energia elettrica da Fonti Rinnovabili.
Il Fotovoltaico in particolare ha oramai raggiunto un livello affidabilità tecnologica e costi unitari che, almeno per gli impianti Utility Scale, lo rendono in grado di autosostenersi, senza necessità di ulteriori incentivipubblici.
In definitiva, nel rispetto del quadro autorizzatorio vigente, lo sviluppo degli impianti da FER è oggi (in via prevalente) lasciato alla libera iniziativa privata, ovvero il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del pianeta dipendono da investimenti di privati che effettueranno tali investimenti in ragione del tornaconto economico loro derivante.
Considerati i costi di installazione dei grandi impianti FV (utility scale) ed il ritorno economico assicurato su un tempo lungo di ammortamento del capitale investito (almeno 20÷25 anni) dalla vendita dell’energia a costi competitivi (dell’ordine di 50 €/MWh, ben inferiori ai prezzi di mercato correnti) si è assistito ad una ricerca di siti agricoli ove insediare grandi impianti FV.
Sono apparse in Sardegna (ma anche nelle altre regioni del sud Italia), le figure degli “sviluppatori” inquadrabili sostanzialmente in due ben differenti tipologie:
- Sviluppatori di progetto senza capacità finanziarie.
- Sviluppatori per conto di investitori dotati di grandi capacità finanziarie.
I primi sono sostanzialmente dei professionisti tecnici (generalmente sardi) che costituiscono delle società di scopo, con capitale ridotto, con l’obiettivo di ottenere le autorizzazioni (Compatibilità ambientale e Autorizzazione Unica), per poi di rivendere la società, munita di autorizzazione, al miglior offerente.
Sono in genere soggetti senza capitali che non lasciano caparre nella fase di stipula dei contratti preliminari di diritto di superficie.
Diversi sono i secondi che, agendo sotto il mandato di società capogruppo fortemente capitalizzate, lasciano subito sul territorio caparre monetarie con impegno alla sottoscrizione finale dei contratti di DDS, con compensi significativi per ettaro impegnato.
Gli agricoltori che ricevono le proposte e le caparre sono sempre molto contenti in quanto si convengono prezzi unitari ad ettaro molto elevati (maggiori di 25.000 €/ha per l’acquisto e fra 2.000 e 3.500 €/ha anno per il DDS), certamente superiori sia ai valori agricoli effettivi dei terreni che alla loro resa annuale in caso di utilizzo.
IlregimedisostegnoagliimpiantiFVdelDM04/07/19notocomeFER1.
Non esistono più “incentivi” sulla produzione di energia, bensì strumenti finalizzati a sostenerne la realizzazione e l’esercizio ovvero finalizzati alla bancabilità delle iniziative.
Il regime di sostegno avviene con una cosiddetta “tariffa a 2 vie”; il GSE dispone del prezzo zonale orario dell’energia sul MGP (Mercato del Giorno Prima), confronta questo prezzo con una tariffa “spettante” riconosciuta al produttore in fase di iscrizione a registro (per impianti < di 1 MW o ad asta competitiva per impianti > 1 MW) e valuta un dare/avere a seconda che il prezzo orario sia rispettivamente inferiore o superiore al prezzo orario sul MGP.
In tal modo il produttore ha la certezza di ricevere per 20 anni un introito pre-stimato dalla vendita in rete dell’energia e pertanto in grado di rendere sicuro il ritorno economico.
La presentazione in banca di un Business Plan con introiti “certi” favorisce la bancabilità dell’iniziativa.
Per gli impianti < 1 MW si parla di tariffe “spettanti” attorno a 85 €/MWh all’interno di un mercato nel quale i prezzi oscillano generalmente fra 45 ÷ 110 €/MWh.
Gli impianti da 1 MW che si realizzano con un investimento di circa 1.000.000 di Euro, sono alla portata di numerose aziende sarde che infatti hanno realizzato negli anni 2022-23 diversi impianti, spesso anche per autoconsumo dell’elettricità prodotta.
Sono generalmente impianti insediati in aree industriali o in cave dismesse.
Il Disegno di Legge proposto dalla DGR 36/1 del 19/09/24 limita fortemente la possibilità di effettuare tali investimenti da parte di imprenditori con sede in Sardegna, e può generare danni economici notevoli (anche con perdita di occupazione), soprattutto nel caso in cui l’impianto sia previsto per autoproduzione di una grande attività energivora.
Almomentosièinattesadell’emanazionedelnuovoregimedisostegno,strumentocosiddettoFERX, che dovrebbe (nelle bozze circolate prima del decreto Lollobrigida) essere applicabile anche agli impianti FV da realizzare in zona agricola (la mano destra del governo non sa cosa combina la mano sinistra).
PARTEIV
2021÷2024EVOLUZIONECAOTICADELLALEGISLAZIONE E SVILUPPO INCONTROLLATO DEI PROGETTI
Letappeprincipalidatenerebenpresenti:
– 2018 | Direttive/regolamenti UE di impulso alle rinnovabili – obiettivo UE 2030: FER/CFL = 32,0%. |
– 2019 | PNIEC(governo Conte 5 stelle) – obiettivo Italia 2030 FER/CFL = 30,0%. |
– 2019 | Covid e quello che ne consegue. |
– 2021 | PNRR(governo Conte 5 stelle) – finanziamenti alle FER in ottica PNIEC. |
– 2021 | Insediamento Governo Draghi (13 febbraio 21) e istituzione MiTE con ministro Cingolani. |
– 2021 | Regolamento UE 2021/1119 del 30/06/21 – revisione al rialzo degli obiettivi FER e |
obiettivo neutralità climatica UE al 2050. | |
– 2021 | Dlgs199/21del 08/11/21 di attuazione delle direttive/regolamenti UE del 2018 |
– 2022 | Il 28/02/22 la Russia invade l’Ucraina – il giorno 08/03/22 l’energia elettrica |
si porta al valore di 600€/MWheilgasalvaloredi200€/MWht. | |
– 2022 | Insediamento Governo Meloni (22 ottobre 2022) – Il MITE diventa MASE con ministro Fratin. |
– 2023 | Direttiva UE 2023/2413 che modifica Direttiva/Regolamenti 2018 |
e fissa il nuovo obiettivo UE FER/CFL = 42,5% – non ancora recepita dall’Italia; nascono: | |
– le Zone(superfici) Necessarieal raggiungimento degli obiettivi sulle FER e le | |
– le Zone(superfici) diAccelerazioneper velocizzare le procedure autorizzative |
Sequenza decreti e leggi di semplificazione e cazzate correlate (adesso siamo al bar).
Stesso rigore nell’elencazione delle disposizioni di legge ma considerazioni soggettive.
Il ministro Cingolani (fisico, tecnico esperto e conoscitore della materia) dopo un primo periodo nel quale ha individuato nelle lungaggini burocratiche il motivo principale ostativo allo sviluppo delle FER, ha dato il via (agendo con la scure) ad un processo di radicale semplificazione delle regole per l’autorizzazione dei progetti.
La fretta ha però portato all’incasinamento totale della legislazione di riferimento; incasinamento proseguito grazie all’operato del nuovo Ministro Fratin e del Ministro Lollobrigida.
Richiamiamo un elenco (forse non esaustivo) dei decreti emanati in ordine cronologico:
- DL N°77/21 del 31/05/21 convertito con L.n°108/21 del 29/07/21, con semplificazione di procedure autorizzative e sottoposizione a VIA statale degli impianti FV sopra i 10 MW (prima erano sottoposti a verifica regionale).
- DL N°17/22 del 01/03/22 convertito con L.n°34/22 del 27/04/22, con semplificazione di procedure autorizzative e con introduzione di aree idonee ope legis.
- DL N°21/22 del 21/03/22 convertito con L.n°51/22 del 20/05/22, con modifica di aree idonee ope legis.
- DL N°50/22 del 17/05/22 convertito con L.n°91/22 del 15/07/22, con diverse semplificazioni dei procedimenti autorizzativi e introduzione di altre aree idonee ope legis (c-quater, del comma 8, dell’art.20 del Dlgs 199/21).
- DL N°13/23 del 24/02/23 convertito con L.n°41/23 del 21/04/23, con modifica di aree idonee ope legis introdotte dal precedente decreto 50/22 e introduzione di nuove soglie per VIA, Verifica e PAS e con introduzione del regime di edilizia libera degli impianti FV in zone industriali (art.22-bis del Dlgs 199/21).
- DL N°181/23 del 09/12/23 convertito con L.n°11/24 del 02/02/24, con nuove soglie per VIA, Verifica e PAS, in modifica di quanto già modificato con il precedente DL 13/23; contiene altresì le disposizioni per il pagamento delle bollette sui consumi in base ai prezzi zonali di mercato a partire dal 01/01/25 (art.19).
- DL N°63/24 del 15/05/24 convertito con L.n°101 del 12/07/24 (Lollobrigida) con divieto per gli impianti FV a terra nelle aree agricole.
- D.MASE 21/06/24 (Fratin) per l’individuazione di superfici e aree idonee
Tali decreti hanno modificato in modo consistente il quadro di riferimento stabilito nel Dlgs N°28/11 del 03/03/11 e nel Dlgs N°199/21 del 08/11/21, costituenti rispettivamente il quadro generale in tema di autorizzazioniediattuazionedelleDirettiveUEinmateriadiobiettiviperleFER,nonchédelDlgs152/06 (Testo Unico Ambientale), di riferimento in materia di VIA.
Sequenza di cazzate
(non si trova un sinonimo più pertinente).
Cz.1nelDlgs199/21:introduzionedelconcettodi AreeIdonee.
La definizione di “Areeidonee” appare per la prima volta nel Dlgs 199/21 all’art.20, che al comma 1 dispone:
“1. Con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sonostabilitiprincipiecriteriomogeneiperl’individuazionedelle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenzacomplessivaalmenopariaquellaindividuatacomenecessariadalPNIECperilraggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8.”
Quest’articolato non è assolutamente chiaro.
Infatti in base alla legislazione comunitaria (pacchetto RED II), ai contenuti delle Linee Guida di cui al DM 10/09/10 e alla giurisprudenza consolidata (sentenze della Corte Costituzionale), in base al criterio di residualità delle “aree NON idonee” bisognava ben specificare quali fossero le finalità delle nuove “aree idonee”, ovvero:
- sono le uniche ove si possono insediare gli impianti da FER ?
- sono quelle strettamente necessarie al raggiungimento degli obiettivi comunitari e del PNIEC ?
Dalla lettura del comma 8 del medesimo articolo 20, si intuisce chele“areeidonee”sonoquellesullequali occorredare priorità e sono quelle che, con i decreti che saranno emanati successivamente, diventeranno suscettibili di procedure accelerate e semplificate nell’iter di approvazione dei progetti.
Infatti il comma 8 sarà modificato più volte dai decreti di semplificazione sopra elencati, fino ad assumere l’articolazione attualmente vigente (aree idonee ope legis) che risulta:
“8. Nelle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dai decreti di cui al comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini di cui al comma 1 del presente articolo:
- i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che non comportino una variazione dell’area occupata superiore al 20 per cento. Il limite percentuale di cui al primo periodo non si applica per gli impianti fotovoltaici, in relazione ai quali la variazione dell’area occupata è soggetta al limite di cui alla lettera c-ter), numero 1);
- le aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
- le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento.
c-bis) i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali.
c-bis.1) i siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, ivi inclusi quelli all’interno del perimetro di pertinenza degli aeroporti delle isole minori di cui all’allegato 1 al decreto del Ministro dello sviluppo economico 14 febbraio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2017, ferme restando le necessarie verifiche tecniche da parte dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC).
c-ter) esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42:
- le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere;
- le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come definiti dall‘articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento;
- le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.
c-quater) fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici di cui all’articolo 142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, né ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell’articolo 136 del medesimo decreto legislativo. Aisolifinidellapresentelettera,lafasciadi rispettoèdeterminataconsiderandounadistanzadalperimetrodibenisottopostiatutela di tre chilometri per gli impianti eolici e di cinquecento metri per gli impianti fotovoltaici. Resta ferma, nei procedimenti autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura a esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela secondo quanto previsto all’articolo 12, comma 3-bis, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.
Ogni commento sulla chiarezza di quanto sopra disposto è superfluo.
Ai fini della chiarezza di un articolato confuso sopperisce il comma 7 dell’art. 20, che ribadendo la giurisprudenza consolidata ante Dlgs 199/21, dispone:
“7. Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell’ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee.”
La ratio dell’invenzione del concetto di “area idonea” si riscontra a posteriori, dopo l’emanazione della Direttiva UE 2023/2413 del 18/10/23 (RED III), non ancora recepita dall’Italia (probabilmente Cingolani era al corrente di cosa stava succedendo a livello unionale).
Tale direttiva innalza l’obiettivo di penetrazione delle FER a livello unionale nel 2030 dal valore del 32, 0% al nuovo valore del 42,5% sui Consumi Finali Lordi (incremento di oltre il 30% sull’obiettivo precedente).
La direttiva, al punto 9 bis, introduce la definizione di “ZonadiAccelerazione”:
“«9 bis) “zona di accelerazione per le energie rinnovabili”: luogo o zona specifici, terrestri o marini o delle acque interne, che uno Stato membro ha designato come particolarmente adatti per l’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile;”
Dispone inoltre agli art.15 ter e 15 quater:
“Articolo 15 ter – Mappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali all’obiettivo complessivo dell’Unione di energia rinnovabile per il 2030
- Entro il 21 maggio 2025, gli Stati membri procedono a una mappatura coordinata in vista della diffusione delle energie rinnovabili sul loro territorio al fine di individuare il potenziale nazionale e la superficie terrestre, il sottosuolo, le aree marine o delle acque interne disponibili necessari per l’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, e delle relative infrastrutture, quali la rete e gli impianti di stoccaggio, compreso lo stoccaggio termico, che sono necessari per soddisfare almeno il loro contributo nazionale all’obiettivo complessivo dell’Unione in materia di energia rinnovabile per il 2030 stabilito all’articolo 3, paragrafo 1, della presente direttiva. A tal fine, gli Stati membri possono utilizzare i loro documenti o piani di pianificazione dello spazio esistenti, compresi i piani di gestione dello spazio marittimo realizzati a norma della direttiva 2014/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, o basarsi su di essi.
Gli Stati membri garantiscono il coordinamento tra tutte le autorità e gli enti pertinenti a livello nazionale, regionale e locale, compresi gli operatori di rete, nella mappatura delle zone necessarie, se del caso.”
Queste zonenecessariesono da ricercarsi nel complemento a 100 delle” aree non idonee” già definite in base ai precedenti obiettivi unionali e dal DM 10/09/10, ovvero dalla DGR 59/90 del 2020.
Di fatto sono un sottoinsieme delle aree per le quali vigono i procedimenti “ordinari”di autorizzazione.
“Articolo 15 quater – Zone di accelerazione per le energie rinnovabili
- Èntro il 21 febbraio 2026, gli Stati membri assicurano che le autorita` competenti adottino uno o piu` piani che designano, come sottoinsiemedellezonedicuiall’articolo15ter,paragrafo1, zonediaccelerazioneper uno o più tipi di energie da fonti rinnovabili.”
Dalla lettura completa dell’art. 15 ter si evince che le zone di accelerazione corrispondono alle “aree idonee” stabilite nel Dlgs 199/21.
Cz.1.1nelDMMASE21/06/24Disciplinaperl’individuazionedelleareeidoneeperl’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Il Decreto è stato concordato dal Ministro Fratin in Conferenza Stato Regioni, dopo una serie di bozze preliminari (una completamente diversa dall’altra).
Questo decreto che ha origine da una confusione (art.20 del Dlgs 199/21) continua ad alimentarla, però almeno il comma 2 dell’art.1 è abbastanza chiaro ed in linea con le indicazioni della D. UE 2023/2413.
“Art.1 Finalità e ambito di Applicazione.
….
- In esito al processo definitorio di cui al presente decreto, le regioni, garantendol’opportunocoinvolgimento degli enti locali, individuano sul rispettivo territorio:
- superfici e aree idonee: le aree in cui è previsto un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e delle infrastrutture connesse secondo le disposizioni vigenti di cui all’art. 22 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199;
- superfici e aree non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità stabilite dal paragrafo 17 e dall’allegato 3 delle linee guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni;
- superficie areeordinarie: sono le superfici e le aree diverse da quelle delle lettere a) e b) e nellequalisi applicanoiregimiautorizzativiordinaridi cui al decreto legislativo n. 28 del 2011 e successive modifiche e integrazioni;
- areeincuièvietatal’installazionediimpiantifotovoltaiciconmodulicollocatiaterra:le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell’art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199.
Cz.1.2DGR36/1del19/09/24–DisegnodileggedellaGRperl’individuazionedelleareeIdonee.
In ottemperanza alle disposizioni di questo Decreto la RAS ha emesso la DGR 36/1 del 19/09/24, che contiene un DDL nel quale, invece di ribadire che le aree NON idonee erano quelle già definite nella DGR 59/90 del 2020 (eventualmente perfezionandole con la sopravvenuta legislazione sull’agrivoltaico), ha rivoluzionato tutto quanto già esistente, definendodifattocomeareeNONidoneecircail99%delleareedell’interoterritorio della Sardegna.
Oltre ad altre “perle” che violano il principio del Legittimo Affidamento (nullità di progetti autorizzati non ricadenti in aree idonee), non occorre essere giuristi per capire che (a meno di modifiche sostanziali) la LR derivante da tale impostazione sarà quasi certamente impugnata dal Cdm, in quanto in contrasto con gli obiettivi unionali, così come è già successo per la LR N.5 del 03/07/24 (altra “perla” della RAS).
Cz.2 Art.7,comma3-bisnellaLegge91/22,dimodificacomma4-bisdell’art.12delDlgs387/03.
Sull’applicabilitàdelleprocedurediesproprioalleareeoveinsediareimpiantieolici.
In fase di conversione del DL 50/22 appare nell’art.7 il comma 3-bis, che dispone:
“3-bis. All’articolo 12, comma 4-bis, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti diversi da quelli di cui al primo periodo il proponente, in sede di presentazione della domanda di autorizzazione di cui al comma 3, può richiedere la dichiarazione di pubblica utilità e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio delle aree interessate dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse».”
A fronte di questa modifica il comma 4-bis dell’art.12 del Dlgs 387/03 diventa:
“4-bis. Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, ivi inclusi gli impianti a biogas e gli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione e perimpiantifotovoltaici,ferme restando la pubblica utilita` e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto.
Per gli impianti diversi da quelli di cui al primo periodo il proponente, in sede di presentazione della domanda di autorizzazione di cui al comma 3, può richiedere la dichiarazione di pubblica utilità e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio delle aree interessate dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse.”
Ci si chiede: chi è stato a far aggiungere il 2° periodo ?
Dopo il 2018, quando è partita la caccia ai terreni agricoli per insediarvi impianti eolici e FV, il proponente si presentava ai proprietari dei terreni e avanzava loro una proposta economica per avere titolo a presentare il progetto in Regione per l’ottenimento dell’Autorizzazione Unica.
Dopo che è apparso il secondo comma, i proponenti degli impianti eolici hanno iniziato a sfornare progetti sulla carta (senza nemmeno visitare i luoghi) prevedendo l’esproprio non già per il solo l’elettrodotto di connessione (per il quale era già previsto), bensì anche per l’area di insediamento dei plinti nonché per tutte le altre aree pertinenti (piazzali, strade, ecc.).
Questoèforsel’aspettopiùrilevantechedifferenziagliimpiantieolicidaiFV;dalsitoMASEsipossono scaricare numerosi progetti di impianti eolici che prevedono l’esproprio su tutti i terreni interessati; essendo progetti fatti sulla carta spesso le pale eoliche sono posizionate sopra aree nelle quali sono previsti impianti FV.
Cz.3: Il grande equivoco degli impianti agrovoltaici o agrivoltaici (AFV).
Cz3.1–2021–IlDL77introducelapossibilitàdiaccessoagliincentivipergliimpiantiagrivoltaici.
La dicitura “agrovoltaico” appare per la prima volta nel DL N.77/21 quale condizione per l’accesso agli incentivi sulla produzione di impianti FV in agro.
Il Decreto semplificazioni N.77/21, convertito dalla Legge 108/21 del 29/07/21, ha esteso agli impianti “agrovoltaici” la possibilità di accesso agli incentivi seppur con determinate prescrizioni; modifica, infatti, i contenuti dell’art. 65 del DL N.1/2012 che vietava gli incentivi agli impianti FV in agro;
dispone il comma 5 dell’art.31 della Legge n.108/21:
“5. All’articolo 65 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dopo il comma 1 -ter sono inseriti i seguenti:
«1 -quater. Il comma 1 (divieto di incentivi per gli impianti FV in agro – ndr) non si applica agli impianti agrovoltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione.
1 -quinquies. L’accesso agli incentivi per gli impianti di cui al comma 1 -quater èinoltresubordinatoalla contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio “da attuare sulla base di linee guida adottate dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria,incollaborazioneconilGestoredei ServiziEnergetici(GSE),entrotrentagiorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione” (dicitura introdotta dalla L. n.34/22 di conversione del DL 17/22 – ndr) che consentano di verificare l’impatto sulle colture,ilrisparmioidrico,laproduttivitàagricolaperlediversetipologiedicolturee la continuità delle attività delle aziende agricole interessate.
1 -sexies. Qualoradall’attivitàdiverificaecontrollorisultilaviolazionedellecondizionidicuialcomma 1 -quater, cessano i benefìci fruiti»
Le linee guida, previste dal DL 17/22, sono state pubblicate in GU in data 27/06/2022 e definiscono le modalitàconlequalidebbanorealizzarsigliimpianti“agrivoltaici”ancheaifinidellapossibilitàdipoter accedere agli incentivi.
Cz3.2icontenutidelPNRRdel2021ripresinelDlgs199/21.
Le soluzioni tipologiche indicate nell’art.65 del DL n.1/2012 come modificato dal DL 77/21, sono “auspicate” dalPNRR;il Decreto Legislativo N.199/21di attuazione della Direttiva UE 20018/2001 e del PNRR, al comma 1, lettera c) nell’art.14 (Criteri specifici di coordinamento fra misure del PNRR e strumenti di incentivazione settoriali) dispone infatti:
“c) in attuazione della misura Missione 2, Componente 2, Investimento 1.1 “Sviluppo del sistema agrivoltaico”, sono definiti criteri e modalità per incentivare la realizzazione di impianti agrivoltaici attraverso la concessione di prestiti o contributi a fondo perduto, realizzati in conformità a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1-quater, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che, attraverso l’implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione energetica, non compromettano l’utilizzo dei terreni dedicati all’agricoltura. ConilmedesimodecretosonodefinitelecondizionidicumulabilitàcongliincentivitariffaridicuialCapo II del presente decreto legislativo;”
Gli impianti FV utility scale, che per la loro grande dimensione possono insediarsi solo in zone agricole, in relazione all’economia di scala e all’evoluzione tecnologica, consentono il ritorno economico dell’investimento in assenza di incentivi e producono energia a basso costo; assieme all’eolico sono gli impianti che hanno i costi unitari di produzione più bassi rispetto a tutte le altre fonti di energia, rinnovabili e non.
Rappresentano quindi il primo strumento per il raggiungimento degli obiettivi comunitari di decarbonizzazione del pianeta.
Pensaredirealizzareimpiantiutilityscaleibridi,conproduzionecongiuntadienergiaelettricae prodotti agricoli è una follia.
Questa follia sull’AFV è comunque ribadita nel PNRR nella formulazione vigente, di cui alla decisione del Consiglio ST 10160 2921, ADD.1 REV.2 del 08/07/21); gli impianti AFV ricadono infatti nella:
- Missione2:RivoluzioneverdeetransizioneEcologica.
- Componente2(M2C2):Energiarinnovabile,idrogeno,reteemobilitàsostenibile.
- Investimento1(M2C2.1):SviluppoAgrivoltaico
- Componente2(M2C2):Energiarinnovabile,idrogeno,reteemobilitàsostenibile.
L’investimento 1 sopra elencato è riportato testualmente di seguito:
“Il settore agricolo è responsabile del 10 per cento delle emissioni di gas serra in Europa. Con questa iniziativa le tematiche di produzione agricola sostenibile e produzione energetica da fonti rinnovabili vengono affrontate in maniera coordinata con l’obiettivo di diffondere impianti agro-voltaici di medie e grandi dimensioni.
Lamisuradiinvestimentonellospecificoprevede:
- l’implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che non compromettano l’utilizzo dei terreni dedicati all’agricoltura, ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte, anche potenzialmente valorizzando i bacini idrici tramite soluzioni galleggianti;
- ilmonitoraggiodellerealizzazioniedellaloroefficacia,conlaraccoltadeidatisiasugliimpiantifotovoltaicisia suproduzioneeattivitàagricolasottostante,alfinedivalutareilmicroclima,ilrisparmioidrico,ilrecuperodella fertilità del suolo, la resilienza ai cambiamenti climatici e la produttività agricola per i diversi tipi di colture.
L’investimento si pone il fine di rendere più competitivo il settore agricolo, riducendo i costi di approvvigionamentoenergetico (adoggistimatiparia oltreil20percento deicosti variabilidelleaziende econ punteancorapiùelevateperalcunisettorierbivoriegranivori),emigliorandoalcontempoleprestazioniclimatiche- ambientali.
L’obiettivodell’investimentoèinstallarearegimeunacapacitàproduttivadaimpiantiagro-voltaicidi1,04GW,che produrrebbecirca1.300GWhannui,conriduzionedelleemissionidigasserrastimabileincirca0,8milionidi tonnellate di CO2.”
Come si vede la misura che ha enfatizzato lo sviluppo dell’AFV mira al raggiungimento 1,04 GW in tutta Italia; questo quando gli obiettivi del PNIEC al 2030 (che dovranno aumentarsi del 30% con la RED III) prevedono solo in Sardegna 6,2 GW di nuove FER e 80 GW in tutta Italia.
Come diavolo si può pensare di raggiungere gli obbiettivi al 2030 facendo solo AFV ?
GliinvestitorinelleFERFVhannoununicoobiettivo:ottenerel’autorizzazioneacostruireegestire,per almeno 20 anni, centrali FV, che costino il meno possibile e producano il più possibile, senza condizionamentialcuniderivantidaaspettiagricolichenonhannonullaachevedereconlaproduzione di energia.
Atitoloindicativounettaro“impiantato”aFV(che produce questo nuovo prodotto della terra chiamato kWh)
produceogniannocirca1.600MWhchevendutia50€/MWh(si ricorda che a luglio 24 il PUN è stato di 112
€/MWh) generano80.000€/anno.
Non esiste nessun prodotto agricolo in grado di avere questa performance per ettaro.
Se poi si pensa che per il DDS (Diritto di Superficie) sono stati lasciati al proprietario del terreno numeri attorno a 3.000 €/ha, magari per terreni che con le attività agricole precedentemente praticate generavano valori attorno a qualche centinaio di euro all’anno, sicapiscelaportatacomplessiva diuninsediamentoFVche accontenta l’investitore, produce energia a basso costo e fa contento il proprietario del terreno che non aveva mai visto un ritorno economico di tal portata.
Gli impianti AFV costano molto di più di un impianto FV convenzionale, occupano molto più spazio, sonoaltieinvasivipaesaggisticamentee(se costruiti – con altezze minime da terra di 210 cm) produrranno energia ad un costo unitario ben più elevato.
Non si capisce pertanto la ratio di promuovere (con incentivi e contributi) e realizzare impianti (veri e propri mostri) AFV utility scale.
Probabilmente nella testa del legislatore c’era l’intenzione di dare qualche soldo agli agricoltori nella realizzazione di piccoli impianti (qualche centinaio di kWp) consentendo di mantenere e sostenere l’attività agricola già esercitata senza immaginare le conseguenze della misura prospettata.
Quando gli sviluppatori hanno avviato la caccia ai terreni agricoli (verso il 2019) l’AFV non era ancora definito; si proponevano, con tanta ipocrisia, soluzioni fantasiose con due moduli in rotazione per aumentare l’interdistanza fra le file dei moduli e consentire la coltivazione nelle interfile di prodotti agricoli strampalati (aloe, elicriso, lavanda …).
L’unico fine degli sviluppatori era solo quello di ottenere una sorta di favor dai tecnici istruttori ai fini dell’approvazione del progetto.
Poi sono arrivati i provvedimenti di cui sopra e soprattutto le Linee Guida emesse dall’ENEA e pubblicate in Gazzetta Ufficiale in data 30/06/22 (quelle che prescrivono l’altezza da terra dei moduli di 210 cm – follia pura).
Da questo momento in poi iniziano i veri problemi di invasione incontrollata dei suoli.
Infatti mentre prima di queste disposizioni gli sviluppatori cercavano aree esterne alle aree “NON idonee” definite dalla DGR 59/90 del 2020, la “legittimazione” degli impianti AFV ha fatto si che l’attenzione si rivolgesse a qualunque tipo di area, nella constatazione che i vincoli di idoneità si riferissero ai soli impianti FV (che pare occupino suolo – nella realtà lo impegnano solamente per la loro durata in esercizio) mentre non risultasse applicabile agli impianti AFV (che per definizione pare che non occupino suolo, perché consentono il mantenimento delle attività precedentemente praticate).
Il suggello a questa considerazione arriva infatti con la sentenza del Consiglio di Stato N.08029/2023 del 30/08/23, emessa in un contezioso in regione Puglia contro Enti che avevano bocciato un progetto AFV; tale sentenza nell’articolato in “Diritto” recita (estratto dei passi più significativi e di interesse nella presente):
“L’agrivoltaico e` un settore di recente introduzione e in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a meta` tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica.
In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione, (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialita` produttiva) nell’agrivoltaico l’impianto e` invece posizionato direttamente su pali piu` alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola.
Per effetto di tale tecnica, la superficie del terreno resta, infatti, permeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola.
Alla luce di quanto osservato, non si comprende, pertanto, come un impianto che combina produzione di energia elettrica e coltivazione agricola (l’agrivoltaico) possa essere assimilato ad un impianto che produce unicamente energia elettrica (il fotovoltaico), ma che non contribuisce, tuttavia, neppure in minima parte, alle ordinarie esigenze dell’agricoltura.
Contrariamente a quanto accade nei progetti che utilizzano la metodica fotovoltaica, infatti, nell’agrivoltaico le esigenze della produzione agricola vengono soddisfatte grazie al recupero, da un punto di vista agronomico, di fondi che versano in stato di abbandono.
……………
In tale direzione è oramai orientata la prevalente giurisprudenza amministrativa di primo grado (cfr., TAR Bari, sent. n. 568/2022; nonché TAR Lecce, sentenze nn. 1799/2022 e 586/22, 1267/22, 1583/22, 1584/22,1585/22, 1586/22) che ha ripetutamente annullato analoghi dinieghi assunti sulla base di una errata assimilazione dell’agro-voltaico al fotovoltaico.
…………….
Più in generale, il Collegio non condivide l’assunto, contenuto nel parere negativo della Sezione Paesaggio, secondo cui “Il termine agrivoltaico o agrofotovoltaico, più volte richiamato nelle controdeduzioni del proponente al fine di giustificare l’intervento, non trova alcun riscontro nella normativa nazionale o regionale”, trovando esso una netta smentita sulla base di una attenta analisi del diritto positivo nazionale ed euro-unitario.
L’art. 3 Reg. UÈ 2021/241, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (attuato dall’Italia con il d. lgs. n. 77/21), pone tra i sei pilastri del Piano di resilienza (cfr. art. 3 lett. a Reg. cit.) la “transizione verde”. Il successivo art. 4 conferma, quale obiettivo del Piano di resilienza, il sostegno alla “transizione verde, contribuendoalraggiungimentodegliobiettiviclimaticidell’Unioneperil2030stabilitinell’articolo2,punto11, del regolamento (UE) 2018/1999, nonché al raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica dell’UE entro il 2050”.
……………
L’art. 2.11, Reg. UÈ 2018/1999, sulla Governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima, afferma testualmente: “obiettivi2030dell’Unioneper l’energiaeilclima»:l’obiettivovincolantealivellounionalediuna riduzioneinterna di almenoil40%delleemissioni di gas a effettoserra nelsistemaeconomicorispettoai livelli del1990,daconseguireentroil2030;l’obiettivovincolantealivellounionalediunaquota dienergiarinnovabile pari ad almeno il 32 % del consumo dell’UE nel 2030”.
Coerentemente con le predette fonti di regolazione, il Piano Nazionale Integrato per l’Ènergia ed il Clima (PNIEC) del dicembre 2019 persegue l’obiettivo generale di accelerare il percorso di decarbonizzazione e favorire l’evoluzione del sistema energetico da un assetto centralizzato ad uno basato principalmente su fonti rinnovabili, proponendosi di superare l’obiettivo del 30% di produzione energetica da tali fonti.
Se ne ricava che obiettivo assolutamente prioritario del PNIEC è quello del passaggio a forme di energie green. Ciò sulla base della considerazione che la politica energetica è strettamente correlata all’azione volta a contrastare il noto fenomeno del riscaldamento globale (global warming).
In linea con tali coordinate, il Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (PNRR) dedica un apposito settore di intervento all’agrivoltaico. Vi si afferma che il Governo punta all’implementazione: “… di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che non compromettano l’utilizzo dei terreni dedicati all’agricoltura, ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte”.
…………….
L’attenzione specifica all’agrivoltaico e` poi confermata dall’art. 65 co. 1-quinquies, d.l. n. 1/12, che ammette a finanziamento pubblico gli: “… impianti agrovoltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione”.
Il 27 giugno 2022 il Ministero della Transizione Ècologica ha pubblicato le Linee Guida sull’agrivoltaico, le quali recano le seguenti definizioni:
…………..
- “Impiantoagrivoltaico(oagrovoltaico,oagro-fotovoltaico):impiantofotovoltaicocheadottasoluzionivoltea preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione” (art.1.1. lett d);
- “Impiantoagrivoltaicoavanzato:impiantoagrivoltaicoche,inconformitàaquantostabilitodall’articolo65, comma 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio2012, n. 1, e ss. mm.:
……………
- “Sistema agrivoltaico avanzato: sistema complesso composto dalle opere necessarie per lo svolgimento di attività agricole in una data area e da un impianto agrivoltaico installato su quest’ultima che, attraverso una configurazione spaziale ed opportune scelte tecnologiche, integri attività agricola e produzione elettrica, e che haloscopodivalorizzareilpotenzialeproduttivodientrambiisottosistemi,garantendocomunquelacontinuità delle attività agricole proprie dell’area” (art. 1.1 lett f).
Alla luce di quanto sin qui osservato, gli impianti agrivoltaici costituiscono una documentata realtà nell’attuale quadro ordinamentale, al punto che il legislatore statale, a certe condizioni, li ammette a finanziamento pubblico.
Il legislatore statale (cfr. art. 20 co. 1 d. lgs. n. 199/21, recante attuazione della direttiva UÈ 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili) ha espressamente stabilito che: “Con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica di concertoconilMinistrodellacultura,eilMinistrodellepoliticheagricole, alimentarieforestali,previaintesain sedediConferenzaunificatadicuiall’articolo8del decretolegislativo28agosto1997,n.281,daadottareentro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti principi e criteri omogenei per l’individuazione delle super𝑓ici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. …”.
……………
È` pertanto di tutta evidenza la volonta` del legislatore statale di creare un comune quadro normativo di riferimento, nella consapevolezza che soltanto in tal modo la politica energetica – che pure rientra tra le materie di legislazione concorrente – potra` seguire un indirizzo coerente con i sopradescritti obiettivi comunitari di decarbonizzazione e di neutralita` climatica.
Dal che discende, anche sotto il profilo da ultimo esaminato, l’erroneità della riconduzione del progetto in esame all’ambito del fotovoltaico puro, come invece hanno fatto la Regione e la Provincia.
…………
Ne discende che il Comitato VIA ha impropriamente ritenuto valutato il progetto agrivoltaico alla stregua dei criteri previsti per gli impianti fotovoltaici, che, per le ragioni evidenziate, mal si conciliano con le caratteristiche proprie degli impianti agrivoltaici.
Sulla base di tali coordinate va pertanto respinto il primo motivo di appello”.
*****
Adesso la frittata è fatta: sono stati depositati al MASE per la valutazione di Impatto ambientale, una valanga di progetti, uno vicino all’altro, ricadenti in aree ordinarie e in aree Non idonee, ai sensi della DGR 59/90; chissà quanti di questi riceveranno il parere favorevole di compatibilità ambientale.
Cz3.32024–IlDecretoAgricolturaN.63/24delMinistroLollobrigidachevietagliimpiantiFVaterra.
Questo decreto dispone:
“Art. 5 Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo
- All’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, dopo il comma 1 e` aggiunto il seguente:
«1-bis. L’installazione degli impiantifotovoltaiciconmodulicollocatiaterra,inzoneclassificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione
degli impianti gia` installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata, c), incluse le cave gia` oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato
ancora non ripristinate, nonche´ le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo.
Il primo periodo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell’articolo 31del presente decreto nonche´ in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio ÈCOFIN del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio ÈCOFIN dell’8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all’articolo 1 del decreto- legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.».
- L’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, introdotto dal comma 1 del presente articolo, non si applica ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all’ottenimento dei titoli per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi.”
Tralasciando le difficoltà di lettura, la sostanza di tale disposizione è che sono vietati gli impianti FV convenzionali a terra in zona agricola.
Sono fatti salvi casi particolari per la costituzione di comunità energetiche e di impianti ricadenti in specifiche aree idonee ope legis, così come individuate nel comma 8 dell’art. 20 del Dlgs 199/21.
In definitiva in zona agricola si possono fare solamente impianti Agrivoltaici.
A questo punto bisogna vedere se ci saranno investitori che vorranno fare impianti agrivoltaici in quantità tale da raggiungere gli obiettivi unionali e nazionali di penetrazione delle FER.
CONCLUSIONI
(soggettive)
- Per la complessità della materia gli argomenti in oggetto non possono essere analizzati compiutamente in discussioni da bar; per farsene una ragione e poter assumere delle determinazioni il cittadino dovrà ricevere le giuste informazioni per avere contezza della cornice generale che promuove le FER.
- Al periodo transitorio di esercizio delle FER (20÷40 anni) dovrà quasi sicuramente seguire il periodo di produzione da centrale nucleari di nuova generazione (le FER da sole non ce la fanno – quelle ancora esistenti saranno smantellate), che rappresentano l’unico modo per ridurre definitivamente la decarbonizzazione del pianeta, altrimenti il pianeta muore.
- E’ necessaria un’informazione corretta dei cittadini da parte dei media, che esca dal clima di caccia alle streghe attualmente raccontato.
- Gli attori con responsabilità (sindaci, tecnici, funzionari, politici regionali) devono documentarsi e acquisire elementi certi in grado di far percepire i vantaggi e gli svantaggi associati allo sviluppo delle FER e di poterli ponderare.
- Nel comune sentire deve sparire la sindrome NIMBY e il complesso di Insularità (non bisogna rapportare la produzione da FER alle sole esigenze della Sardegna).
- L’attuale classe politica regionale deve chiaramente dire se vuole proseguire con l’attuale produzione energetica da fonti fossili e sull’esecuzione dell’antieconomico metanodotto o se vuole sposare seriamente la transizione energetica promuovendo le FER, senza limiti massimi o correlati ai fabbisogni della sola isola.
- A breve irromperà sullo scenario nazionale la recente direttiva UE 2023/2413 (RED III – la comunicazione della procedura di infrazione della UE nei confronti dell’Italia per mancato recepimento, è della settimana scorsa) con il nuovo obiettivo unionale di penetrazione delle FER al 2030 del 42,5% (con la RED II era il 32,0%); lo stato italiano sarà costretto a rivedere il Dlgs 199/21 e soprattutto il meccanismo per la definizione delle Zone Necessarie al raggiungimento degli obiettivi comunitari e delle Zone di Accelerazione dei progetti.
- Le regioni saranno invitate a rivedere quanto appena fatto; il DdL di cui alla DGR 36/1 del settembre 24, se non sarà impugnato dal Cdm, diventerà comunque obsoleto e dovrà essere rivisto alla luce della nuova normativa.
- Al momento l’unico documento che rimane in linea con la legislazione cogente risulta la DGR 59/90 del 2020, che potrà affinarsi tenendo presente l’indirizzo nazionale sulla promozione degli impianti agrivoltaici.
- La maggior parte dei progetti depositati al MASE per la valutazione ambientale saranno bocciati, soprattutto quelli eolici; non abbiamo pertanto nulla da temere; non ci sarà la devastazione prevista dall’Unione Sarda.
- Diversi progetti di impianti agrivoltaici che riceveranno l’approvazione in sede di compatibilità ambientale, non saranno realizzati per via degli elevati costi e per via delle condizioni sull’esercizio congiunto agro energetico (non gradite agli investitori) che saranno dettate nell’Autorizzazione Unica.
- Gli investitori cominceranno a sparire dalla Sardegna (vista l’aria che tira); ma soprattutto si ridurranno drasticamente gli investitori sul solare agrivoltaico perché antieconomico e ad alto rischio.
- Unica certezza assoluta: con la legislazione attuale gli obiettivi della RED II in Italia (30% del rapporto FER/CFL al 2030) non saranno raggiunti (figuriamoci quelli della RED III).
- Altra certezza assoluta: chi se ne frega, saranno cazzi dei nostri figli.
02/10/24 Un Sardo