Politica Sarda: si volta pagina?

I risultati delle elezioni regionali lasciano nel campo di battaglia macerie, vinti e vincitori, ma la cosa che davvero mi pare incontrovertibile è che niente sarà più come prima. Mai come in questa tornata elettorale tutti i partiti, più o meno credibilmente, hanno fatto leva sulla specialità della Sardegna nei propri programmi elettorali, nei propri simboli, nei propri interventi pubblici e ciò dev’essere salutato come un passo in avanti foriero di nuova linfa in vista di un accelerazione d quel processo lento, ma inarrestabile, di appropriazione di una identità da parte dei residenti isolani.

In questa sfrenata corsa verso un nuovo eldorado sardista che ha contagiato tutto il sistema politico regionale Vi sono diversi elementi di riflessione ed analisi che vanno comunque messi in rilievo con coraggio senza farsi incantare dai ragionamenti farlocchi e partigiani di alcuni esponenti politici di parte avversa.

Tra i vincitori sarebbe impossibile non annoverare il Partito Sardo d’Azione, capace di una mole di consensi che ricorda i vecchi fasti della Giunta Melis, protagonista di una deludente esperienza in cui il partito fu ingabbiato dalle logiche del centralismo democratico della sinistra. Oggi la storia e gli elettori sardi regalano a Solinas un calcio di rigore a porta vuota che egli non può fallire, pena il ritorno al becero servilismo e vittimismo nei rapporti con la Repubblica Italiana, della quale facciamo parte, ma da cui siamo cosa distinta e distante. Per inquadrare la porta e fare gol servono idee chiare, determinazione e senso della Storia., tutti elementi che ormai da centinaia di anni sono carenti tra la nostra popolazione, annichilita e abbruttita da secoli di dominazione che hanno spinto i sardi verso la subalternità culturale.

I temi che animeranno il dibattito nei prossimi mesi (ed io spero soprattutto le discussioni in aula su provvedimenti concreti) saranno quelli dell’identità culturale, della continuità territoriale e della libertà fiscale, tutti temi che sono parimenti premessa e conseguenza di quella autonomia tanto agognata e pure tanto osteggiata da quell’atteggiamento paternalistico di una parte consistente della politica che pensa tuttora all’assistenzialismo come strumento di governo e come risposta ai bisogni, ma di fatto anche come subdolo strumento utile a calmierare le legittime rivendicazioni dei sardi.

Tra i vincitori non possiamo che annoverare anche la Lega Nord, capace anche in Sardegna, grazie alle capacità di comunicative di Salvini, di condurre una campagna camaleontica che l’ha vista vestire finanche i panni dei pastori sardi. Sul punto vi sono voci tra le più disparate e critiche, ma dopo le continue accuse alla politica di non saper interpretare i bisogni della gente trovo curioso che si accusi di populismo chi invece ne interpreta in modo pedissequo sogni, paure e speranze.

Non possono cantare vittoria gli altri partiti della coalizione vincente, alcuni (Forza Italia) fortemente ridimensionati, altri in piedi grazie all’eroico contributo di valenti candidati frutto di sapienti campagne acquisto (UDC, il partito della strategia dei numeri grazie al sapiente ed inossidabile Giorgio Oppi), ma bisogna anche riconoscere che hanno mostrato grande buonsenso e maturità politica nella scelta di aderire sin dall’inizio ad un progetto di coalizione che aveva già in nuce tutti gli elementi che l’avrebbero portato alla schiacciante vittoria finale, quel buonsenso mancato invece a tutte quelle liste solitarie (Partito dei Sardi di Paolo Maninchedda e Sardi Liberi di Mauro Pili su tutte) che non hanno superato lo sbarramento de 5% ed a cui evidentemente è mancata una sufficiente aderenza alla realtà.

Ne esce con le ossa rotte la coalizione di sinistra, con grande responsabilità del Partito Democratico, incapace di far fruttare l’enorme dote di consensi ricevuti nella tornata passata tornata elettorale e la concomitante presenza di un governo amico in Penisola (Governo Renzi e Gentiloni su tutti). Al grande senso delle istituzioni dei sui rappresentanti corrisponde troppo spesso una visione superata della politica, vista ancora come strumento di composizione di interessi di classe, di battaglie di padroni e lavoratori, di latifondisti contro proletari, ignari del fatto che oggi i deboli sono tutti i cittadini di ogni estrazione sociale vittime trasversali della burocrazia, della globalizzazione selvaggia e del sistema bancario di cui fanno le spese sia le imprese che i consumatori ed i lavoratori senza distinzione alcuna.

Dimezza i voti il movimento cinque stelle rispetto alle politiche 2018, ma non mi trovo d’accordo sull’analisi negativa di questo voto. La verità è solo una: per la prima volta il movimento avrà una presenza importante in Consiglio Regionale e questo le permetterà di tentare di costruire una presenza politica nelle istituzioni locali.

Da oggi non si gioca più, da oggi si fa sul serio ed anche io ho deciso da tempo di tornare a dare il mio contributo personale sui temi a me più cari; ambiente, cultura e politica finanziaria regionale. Tre temi che chiederò al nostro Presidente Solinas, di accogliere e valutare, dopo la loro presentazione e discussione in anteprima alla prossima riunione macomerese del Partito Sardo d’Azione.