Il sardo é una lingua indoeuropea o una lingua semitica?

Il titolo dell’articolo, lo ammetto, é volutamente provocatorio, ma ció che vorrei spiegare é proprio che la dicotomia indoeuropeo/semitico tale non é e che sono gli avversari piú accerrimi della visione semitica a volerla sottolineare ad ogni costo. La definizione di lingua indoeuropea é in questo caso sostanza: indoeuropea é quella categorizzazione che i linguisti riconoscono a tutte le lingue europee, sardo compreso, che, praticamente tutte con poche eccezioni, deriverebbero da una lingua originaria dell’area indiana. Questa definizione, specchio di una impostazione ritenuta rigorosa e ufficiale dalla comunità scientifica ampiamente prevalente, é stata peraltro fortemente messa in discussione da diversi studiosi, tra i quali annoveriamo rispettivamente il linguista Giovanni Semerano ed il glottologo sardo Salvatore Dedola. Non da ultimo prendo le mosse da una recente opera del Dott. Giuseppe Ieropoli, laureato in Economia presso l’Università di Napoli, che da diversi anni si dedica allo studio di questioni filosofiche, storico-linguistiche ed economiche e autore del libro Giovanni Semerano e la dicotomia indoeuropeisti-semitisti, per spiegare l’importanza che riveste la prospettiva storico-linguistica che vede la tradizione semitica quale origine comune con una parte delle lingue mediorientali. .Mi preme rimarcare che Semerano non criticava affatto l’esistenza delle lingue indoeuropee, come pure viene detto da qualche suo critico piuttosto superficiale, bensì dell’indoeuropeo, come lingua madre. Lo sottolineo perché una cosa é affermare che le lingue indoeuropee siano studiate senza tener conto della loro comune radice semitica, altro é dire che non esista un comune substrato che si sia formato e perfezionato in modo autonomo col passare dei secoli. L’intento del filone semitista é in definitiva non quello di negare la stretta parentela delle lingue europee, ma quello di catalogare le lingue europee come un sotto insieme di un gruppo più ampio che comprenda anche parte consistente delle lingue mediorientali in omaggio alla comune origine mesopotamica, accadica, sumerica.

Aggiungo che il presente articolo non intende chiudersi nella questione dell’origine della lingua sarda, pure da me piú volte affrontata raccogliendo gli studi di linguistica, glottologia ed epigrafia di diversi studiosi quali lo stesso glottologo Salvatore Dedola, l’epigrafista Prof. Luigi (Gigi) Amedeo Sanna, lo storico filologo Gian Matteo Corrias, ma intende volutamente ampliare il ragionamento proprio per dimostrare che se la linearità ed univocità della teoria indoeuropeista é discutibile per tutta la famiglia linguistica europea, lo é ancora di piú, per la lingua sarda.

Il Professor Ierepoli su questo punto é laconico ed a suo parere la teoria semitista “ha svelato come attraverso la storia delle parole sia possibile rintracciare un ancor più profondo legame e affratellamento culturale tra i popoli del Vicino Oriente, del Mediterraneo e dell’Europa. A partire dal III millennio a.C. la Mesopotamia, grande centro di irradiazione culturale semitico-orientale, estese significativamente la sua influenza economico-commerciale verso Levante: per cui tra la Mesopotamia e il Mediterraneo – più interconnessi di quanto si era pensato – si realizzò secondo Semerano una sorta di duraturo ed attrattivo vortice linguistico a base sumero-accadica che ebbe un rilevante impatto anche sulle lingue indoeuropee che gravitavano intorno al Mediterraneo e alla Mesopotamia settentrionale”. Ecco quindi che quanto affermato di recente dal citato Prof. Gian Matteo Corrias (cioé che la lingua sarda avrebbe radici semitiche) non é che sviluppo coerente della ricerca storica di autori come Semerano e non solo. Del resto in troppi paiono non prendere in sufficiente considerazione il fatto che ben prima della nascita di Roma e della successiva cultura latina, nel Mediterraneo esistevano culture avanzate, capaci di arte, architettura e scrittura motu propriu, che evidentemente non potevano che essere accomunate da quella che lo stesso Semerano amava definire Koinè del Mediterraneo.

“Non è poi superfluo ricordare – continua il Prof. Ierepoli in una intervista rilasciata sul sito letture.org– che anche ai piani più alti della cultura otto-novecentesca è stata a lungo avversata la tesi dell’influenza culturale semitica: e stiamo parlando di grandi studiosi che ritenevano la componente semitica niente affatto determinante nella ricerca delle origini culturali dell’Europa. Sappiamo bene come tale negazionismo sia purtroppo sfociato attraverso aberranti strumentalizzazioni politiche nel più tragico antisemitismo”. Sul punto vi invito a rileggere alcune riflessioni che avevo raccolto dal glottologo sardo Salvatore Dedola.

Già intorno alla metà del Novecento, Semerano avviò le sue ricerche, dopo aver constatato la frequente mancanza o inadeguatezza delle spiegazioni offerte dai più importanti dizionari etimologici indoeuropei delle lingue classiche, fondamentalmente basati su radici linguistiche ipotizzate e ricostruite ad hoc. Rivolgendosi quindi al mondo semitico, Semerano intuì l’importanza di assumere come quadro di riferimento per l’indagine etimologica lo straordinario tesoro lessicale offerto dalla lingua semitica orientale di più antica e vasta documentazione, utilizzata per almeno due millenni in tutto il Vicino Oriente antico, cioè l’accadico, ed insieme ad esso quello offerto dalle altre lingue semitiche mediterranee come l’aramaico, l’ugaritico, il fenicio e l’ebraico. (cfr. La lingua sarda dentro la koiné mediterranea). Dopo attenta e meticolosa osservazione della dimensione storica e semantica delle parole fondamentali del più antico lessico europeo, arrivò alla conclusione che le lingue indoeuropee presentavano spesso, nella loro più intima essenza, antichissime basi semitiche e ciò dimostrava ancor di più come il debito della cultura e civiltà europea, nei confronti del versante più orientale del Vicino Oriente, fosse in realtà molto più grande di quanto si era ipotizzato, perché aveva riguardato diversi ambiti – come la scrittura, la mitologia, la politica, il diritto, l’economia, la matematica, l’astronomia … – ma anche le stesse lingue. (Fonte: Letture.org)

Sul punto confronta l’articolo nel quale scrivo di come il glottologo Salvatore Dedola ha sempre evidenziato che la differenza tra i linguisti consista proprio nel metodo di ricerca, un metodo che deve prediligere anche nella linguistica un processo stratigrafico che scavi piú in profondità possibile. Se nella consultazione mi fermo al vocabolario di latino tutto mi parrà arrivare da lì; se avrò la possibilità di consultare un più antico vocabolario di greco le cose cambierebbero di certo. Pensate se, come accaduto solo nell’ultimp decennio, finalmente abbiamo l’opportunità di poter consultare il dizionario accadico di recente pubblicazione!

Del resto le scoperte archeologiche di fine Ottocento e soprattutto quella importantissima – a metà anni ’70 del secolo scorso – delle migliaia di tavolette di argilla scritte in cuneiforme provenienti dagli Archivi Reali di Ebla, nell’alta Siria, attestarono che la civiltà mesopotamica, caratterizzata dall’osmosi sumero-accadica e dalle sue espressioni linguistiche, si era diffusa attraverso innumerevoli insediamenti economico-commerciali in tutta la Mezzaluna Fertile lungo direttrici fondamentali come quella siro-mesopotamica giungendo così fino alla prossimità del Mediterraneo, nel Levante Nord.
Il millenario e capillare espansionismo economico-commerciale mesopotamico verso la Siria, l’Anatolia, l’Iran … comportò anche lo spostamento a più riprese di genti mesopotamiche di grande prestigio culturale, economico e sociale in diverse zone strategiche della Mezzaluna Fertile, per cui le parlate locali, assorbirono per imitazione la grande, diffusa e duratura influenza linguistica sumero-accadica che si riversò quindi anche sulle lingue indoeuropee specie su quelle che gravitarono intorno al Mediterraneo (Fonte: Letture.org), ciò del resto che sostiene lucidamente anche il glottologo Salvatore Dedola, che si considera suo allievo dopo essersi formato da giovane proprio presso quella scuola romanza ed indoeuropea che oggi gli sta stretta.

I critici di Semerano sostengono che le sue etimologie si baserebbero su raffronti impressionistici e banali accostamenti che ignorerebbero le più elementari regole della linguistica comparativa. Assurda accusa per un filologo e linguista che ha a lungo dialogato con indoeuropeisti come Giacomo Devoto (di cui è stato anche allievo), semitisti come Giovanni Garbini e assiriologi come Giovanni Pettinato. Se si consultano i suoi dizionari etimologici ci si rende conto della loro straordinaria coerenza interna e di quanta sapienza e scienza siano ivi profuse. Del resto non è questa la prima volta che le consorterie e lo scientismo di cui esse sono espressione, accusano addirittura di ignoranza chi osa sfidarle con una vastità di argomenti che meriterebbe almeno di esser discussa. (Fonte: Letture.org)

In definitiva Semerano non pensava che tutto, proprio tutto, derivasse dal versante più orientale del Vicino Oriente antico, ma certamente molto e molto di più di quanto si è fino ad oggi ipotizzato ed egli auspicava che tale conclusione potesse dar luogo ad un’irradiazione di fraternità tra i popoli delle varie sponde del Mediterraneo. (Fonte: Letture.org)

Una testimonianza sul campo di questo approccio é quello del glottologo Salvatore Dedola che rilegge, reinterpeta e traduce il piú antico documento del mediterraneo occidentale, la celebre stele di Nora (Sardegna) sostendendo l’uso da parte dei sardi di parole sarde codificate attraverso il ricorso della scrittura e dell’alfabeto semitico. Sul punto leggi il mio articolo “La stele di Nora é scritta in Sardo“.

É in questo contesto che si stanno affacciando studi coraggiosi ed innovativi che iniziano a fare luce su nuove ipotesi di ricerca basati su nuove evidenze attorno agli storici stretti rapporti tra la cultura semitica e quella mediterranea generale. Sul punto invito a leggere l’articolo bilingue sulla dimostrazione della parentela tra la lingua sarda e quella semitica del glottologo Salvatore Dedola e l’interessante comparazione tra il sistema di scrittura nuragico e quello dell’antica Bibbia del Prof. Gigi Sanna.

Di recente si é aggiunta una straordonaria scoperta: gli archeologi in Israele hanno trovato un’altra prova di qualcosa che é riportato nella Bibbia ed esattamemte per la prima volta il nome di Dio – YHWH – scritto in un tempo remoto e perfettamente cooncidente con il corpus nuragicorum nel quale il mome YHWE (JACU per i sardi) viene riportato piú volte in tanti modi diversi, come documemtato dai tanti ritrovamenti epigrafici della Sardegna nuragica.

Gavino Guiso

Fonti: Letture.org
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