Un anno di guerra in Ucraina, leader a confronto, di Adriano Bomboi

Un anno di guerra in Ucraina, leader a confronto.

Esattamente un anno fa, dopo che Putin aveva più volte negato di voler invadere l’Ucraina, Mosca inviava i propri militari alla conquista del paese.

L’esito di quella scelta lo conosciamo tutti: Putin ha iniziato a perdere quella porzione di territorio ucraino che aveva conquistato, ha fatto trucidare migliaia di giovani soldati russi, ha bombardato case, ospedali e asili ucraini (non riuscendo ad avere la meglio sull’esercito ucraino), ed ha isolato la Russia da larga parte dei rapporti commerciali e culturali con l’occidente.
Una terribile iniziativa, a danno della libertà ucraina, da cui non era stato attaccato, e che costerà a Mosca, negli anni a venire, miliardi di dollari di riparazioni. Ma anche la vergogna per quanti nel mondo e in Italia hanno creduto alle bufale russe, e all’immaginaria “superpotenza” militare del Cremlino.

Chi pensava che oggi a Kiev avrebbe governato nuovamente un presidente filorusso come Yanukovic era in torto marcio. Ed uno degli aspetti più emblematici di queste vicende lo troviamo proprio nell’osservazione dei diversi protagonisti di questa crisi.

Da un lato abbiamo Zelensky, insultato in vari modi e considerato un “cagnolino di Biden” da parte di tanti italiani.

Dall’altro abbiamo Yanukovic, ex presidente ucraino che nel 2014, dopo le proteste di piazza, rinunciò al proprio incarico rifugiandosi in Russia.

Ecco, che differenza c’è tra Zelensky e Yanukovic?

Che il primo, come abbiamo ricordato più volte, non è fuggito in America nonostante gli iniziali inviti statunitensi. Coraggiosamente, è rimasto al fianco del proprio popolo per coordinare la resistenza all’invasore russo ed ha saputo dialogare come un grande statista con l’occidente, che ha scelto di supportarlo.

E Yanukovic?

Yanukovic invece è un presidente che venne eletto anche con la promessa di concretizzare un accordo commerciale tra Ucraina e Unione Europea.
Nel momento in cui doveva mantenere fede a questo impegno, stralciò ogni accordo e volò a Mosca per stringere la mano a Putin.
Le persone, incluse famiglie con bambini, non delinquenti, scesero in piazza per protestare e lui gli fece sparare addosso dalla polizia di Stato.
Il 1° marzo 2014, un mese prima che i filorussi del Donbass iniziassero una guerra assaltando gli edifici pubblici ucraini, scrisse una lettera a Putin in cui chiedeva un intervento armato russo per sedare le proteste di piazza.
Non essendo poi riuscito a fermare queste proteste, corse nella sua megavilla, caricò le sue valigie di dollari, prese un elicottero e fuggì a Mosca.
A quel punto, essendo scappato dalle proprie responsabilità, il Parlamento ucraino in carica (che includeva anche membri del suo partito), votò democraticamente il decadimento della sua presidenza, dando luogo a nuove libere elezioni.

In buona sostanza, contano i fatti: Yanukovic era solamente un cagnolino di Putin, arricchitosi grazie al Cremlino e alle spalle degli ucraini, che scappò come un codardo verso la cuccia del suo padrone nel momento in cui si rese conto di non poter più conservare in patria i propri privilegi, frutto di tangenti e corruzione.

La propaganda russa dipinge questi eventi come un “golpe organizzato dagli USA per allontanare Yanukovic dal potere”, e che secondo i deliri dei putiniani avrebbe dato luogo alla “necessità di un intervento russo contro il nazismo ucraino”. Mentre qualsiasi persona sana di mente sa invece che Putin finanziò partiti filorussi per danneggiare la democrazia ucraina, e finanziò le milizie che avviarono gli scontri nel Donbass, usando poi tali scontri come scusa per la sua tragicomica “operazione speciale”, da cui non ha la più pallida idea di come uscire.

Non stancatevi di ripetere questi dettagli, in Italia non sono scontati.

Il sistema radiotelevisivo italiano non è riuscito a spiegare abbastanza bene questi passaggi, e questo la dice lunga sul tasso di criminalità che permea anche la nostra democrazia, che non dobbiamo mai dare per scontata.
Ci sono anche questi motivi infatti tra le varie ragioni che spingono milioni di ingenui italiani a credere che gli USA spendano miliardi di dollari in armamenti per “puro sport”, e che Putin sia semplicemente “un galantuomo costretto a difendersi dalla NATO”, che a loro dire “avrebbe causato la guerra”.
Un mondo al rovescio.

Ad un anno di distanza dall’avvio di questa tragedia, possiamo dire che chi si è schierato dalla parte degli ucraini aveva ragione, non solo su un piano etico/morale, ma anche nell’interpretazione degli eventi bellici e politici. Mentre chi si è schierato dalla parte dell’invasore era in torto marcio su tutto, e rideva quando parlavamo delle difficoltà russe, pensando che la nostra fosse solo propaganda filo-occidentale.

Questo esercito di ambigui era ed è costantemente esposto alle buffonate della propaganda russa, e probabilmente continuerà a sostenerle anche il giorno in cui Mosca perderà definitivamente la guerra. In fondo, le barzellette del comico russo sono più numerose dei suoi proiettili, soprattutto quelle sulla sua immaginaria “invincibilità”.

Adriano Bomboi