Ipse dixit, anticamera della menzogna. La Storia della Sardegna ha bisogno del metodo scientifico.

“Se l’ha detto Pitagora allora è fuori discussione”, così solevano esprimersi i pitagorici, riferendosi a quella che per loro era l’autorità indiscussa, ovvero Pitagora, filosofo greco del VI sec. a.c., matematico, drammaturgo, scienziato e politico. Ciò che aveva spiegato Pitagora era assolutamente certo, a priori.

Stesso copione conobbe il pensiero di un altro grande filosofo greco, Aristotele. che fu preso ad esempio dalle stesse grandi religioni monoteiste come colui che mai aveva detto menzogne, per cui il suo pensiero non andava interpretato, ma solo accettato. Ipse dixit (lo ha detto lui, il grande Maestro, quindi è indiscutibile).

Poi arrivò la rivoluzione scientifica, certamente molti secoli dopo, nel sedicesimo secolo per merito di Galileo Galilei, che introdusse il metodo sperimentale, quello che ci hanno insegnato al Liceo. Galileo fu il primo a sostenere che solo l’esperienza avrebbe potuto portare alla spiegazione dei fenomeni naturali. Con l’introduzione del metodo scientifico Galileo Galilei ci fece fare un enorme salto di qualità.

Galileo era un grande estimatore di Aristotele e ci tenne sempre a sottolineare che non aveva nulla contro di lui ed indicava i suoi seguaci come coloro che avevano la grande responsabilità di aver chiuso il pensiero aristotelico alla modernità ed alla conoscenza.

Questa premessa era importante per denunciare che, ancora oggi, contrariamente alle apparenze, resiste un mondo fatto di categorie rigide e inamovibili, figlie di un’impostazione di un pensiero dominante, pigro, a volte desideroso di proteggere delle posizioni di potere, a volte, più semplicemente, perché è molto più semplice muoversi secondo “su connotu”, ciò che già si conosce. In politica, nella scuola, nelle imprese, nelle accademie, esistono delle parole d’ordine, quel politicamente corretto che ti spinge a non liberare il pensiero. per la paura di essere escluso dal giro che conta.

La mia denuncia, in questo caso, non è politica, né vuole essere etica, ma vuole avere una valenza culturale ed in particolare è rivolta a quanti per scelta, passione o professione si dedicano alla Storia della Sardegna ed a tutte le discipline ad essa connesse ed in particolare allo studio della linguistica. In questi ultimi anni le scoperte archeologiche (su tutte i Giganti di Monte e’ Prama, le più antiche statue del mediterraneo occidentale), ma anche la grande svolta nello studio della lingua sarda (con l’intuizione dell’origine locale e non puramente fenicia della famosa Stele di Nora, risalente al IX sec. a.c.) stanno aprendo finalmente la Sardegna al mondo rivelando anche a noi stessi una realtà completamente nuova, una storia lontana, eppure ancora così presente nelle radici della nostra cultura, che ci parla di una Sardegna e di un popolo capaci di stare al centro del mondo antico, capace, motu proprio, di contribuire alla costruzione della civiltà nel mediterraneo. La continuazione di questo percorso fondamentale per la riscoperta del nostro passato e della nostra identità più autentica presuppone il definitivo abbandono del principio del “Ipse dixit”.

Non sono più un ragazzino, ma mi consola il fatto che un grande linguista come Salvatore Dedola abbia passato ben 31 anni dalla laurea prima di fare il grande passo e sbarazzarsi in poco tempo delle incrostazioni delle categorie in campo linguistico che vivevano indisturbate sotto il grande e dormiente ombrello indo-europeo. Era solo una foglia di fico, una struttura surreale, eppure resistente, come tante altre strutture ancora da sottoporre a seria verifica. Un grande in bocca al lupo agli impavidi e coraggiosi.