Il coraggio di chiamarla indipendenza, indipendentzia de Sardigna.

I tempi sono maturi, dovranno dimostrare di essere maturi anche i sardi ed innanzitutto la classe dirigente che li rappresenta e non mi riferisco solo a quella politica.

La parola indipendenza aleggia ormai da tempo nei salotti come nei convivi e negli ambienti dei sardi piú autentici, ma ancora la parola incute paura e timore, paura si non farcela, timore (reverenziale) verso la Repubblica Italiana unica ed indivisibile.

Non si coglie ancora appieno la valenza pregnante della parola Indipendentzia e nemmeno ancora si riesce ad immaginare veramente un futuro con la Sardegna protagonista del proprio futuro, impegnata in una politica dettata da senso di responsabilità verso i sardi e verso la sua storia e le future generazioni.

La dipendenza e il rapporto assistenzialista con le istituzioni italiane ha spesso finito per fiaccare ed amnichilire le capacità e lo spirito di inziativa dei sardi, che devono invece riprendere quel cammino di protagonismo e responsabilità che é stato abbandonato dai tempi di Mariano IV ed Eleonora D’Arborea, con qualche anelito e rigurgito che oggi viene celebrato con Sa Die de Sa Sardigna, ma che ora deve riprendere vigore per il definito riscatto morale ed economico del popolo sardo.