Scarabei sardi ed Egitto dei faraoni.

La presenza di manufatti a forma di scarabeo trovati in Sardegna soprattutto nei siti di Tharros e Monte Sirai, anche alla luce dgli studi effettuati dalla d.ssa Matthiae Gabriella Scandone, confermano quanto detto da Giovanni Ugas a proposito dei popoli del mare ed in particolare degli Shardana e del loro ruolo in Egitto.

Ad affermarlo è il Dottor Gian Matteo Corrias, con un intervento che riporto integralmente alla fine di questo articolo.

Su questo fronte merita attenzione anche il preziosissimo e minuzioso lavoro portato avanti di recente dalla dottoressa Camilla Sanna, dal titolo “L’ICONOGRAFIA DEL LEONE NEGLI SCARABEI RINVENUTI IN SARDEGNA (VIII-III SEC. A.C.”, una tesi di Laurea con RELATORE il Prof. Maurizio Harari e CORRELATORE.

La dottoranda Camilla Sanna mirava “a delineare un quadro aggiornato in merito ad una tradizione glittica sarda di grande prestigio, forse un poco sottovalutata, entrando nello specifico a trattare diuna categoria di valore poiché testimonianza che la Sardegna assunse un ruolo fondamentaleall’interno di un circuito commerciale e culturale di carattere internazionale”

Nelle conclusioni finali la dottoressa Camilla Sanna spiega che la tesi “ha cercato di analizzare in primis i contatti e le influenze che la Sardegna ha conosciuto progressivamente a partire dalle origini fino al III sec. a.C. Quello che emerge, è che la sua ricchezza mineraria secolare, la rese fin da subito celebre in tutto il Mediterraneo già con l’epoca micenea, durante la quale vennero tracciate forse per la prima volta dei percorsi commerciali, ripresi poi dai Fenici e in seguito dai Punici. E’ proprio all’interno di questo circuito internazionale che si trovano gli Scarabei, oggetti di chiara origine egiziana, carichi di un forte simbolismo religioso e terapeutico, che divennero presto prodotti di élite e di prestigio, rifunzionalizzati nelle varie culture del Mediterraneo.

“La Sardegna – continua Sanna – dopo essere diventata un asso portante dell’impero cartaginese, diventa uno dei luoghi maggiormente conosciuti per quanto riguarda il ritrovamento, la produzione e la circolazione di scarabei”. Emerge con chiarezza che dovettero circolare differenti i conografie del leone in funzione di presunte “mode” e quindi di precisi mercati, ma anche nel rispetto di specifiche clientele. Si evidenzia un legame con la tradizione figurativa orientale, ma allo stesso tempo con motivi condivisi con Cartagine e Ibiza. La maggior parte degli esemplari sono stati realizzati in diaspro, a testimonianza del fatto che in Sardegna esistevano importanti giacimenti di questo materiale.

Tuttavia, pur analizzando dettagli iconografici ed effettuando confronti tra reperti simili, il tema della cronologia rimane una questione di grande problematicità, soprattutto perché nella maggior parte dei casi, questi scarabei provengono o da scavi clandestini, o da antiche collezioni, oppure dascavi regolari in cui però non sono stati utilizzati precisi strumenti di catalogazione, e lo scarso interesse nei confronti di oggetti di materiale non pregiato, ha fatto si che questi esemplari venissero ammucchiati tutti insieme senza un preciso ordine”.

“Tharros divenne l’unico centro di produzione di scarabei sull’isola, e allo stesso tempo esportò i prodotti verso mercati esteri fino al III sec. a.C. dopo la quale ci fu lo scoppio della prima guerra punica. Ma da quanto emergein catalogo, Tharros non è l’unico luogo di ritrovamento per quanto riguarda gli scarabei leonini,anche se comunque rimane il più importante e il luogo in cui sono stati trovati il maggior numero diesemplari, ma anche Monte Sirai e Karalis; questi non conobbero e non ebbero botteghe incisorie,ma furono probabilmente semplici e differenti clienti di Tharros”.

Le strette relazioni degli Shardana con il mondo egiziano è del resto considerato pacifico da diversi studiosi di archeologia mediorientale. In parrticolare nel 1992 venne scoperto El-Ahwat, un sito archeologico israeliano situato nella regione della Samaria, a circa 16 km ad est dalla città di Caesarea. Il sito venne scoperto dall’archeologo Adam Zertal e secondo alcuni studi risalirebbe ad un periodo compreso fra l’età del bronzo e l’età del ferro.

Secondo Zertal la fortificazione è di tipo levantino ma presenta elementi architettonici comuni nelle costruzioni megalitiche nuragiche; l’insediamento sarebbe stato opera del dei guerrieri Shardana provenienti dalla Sardegna.

Anche secondo Bar Shay, archeologo dell’Università di Haifa la fortificazione sarebbe opera degli Shardana provenienti dalla Sardegna.

Sullo stesso argomento era intervenuto all’inizio del 2022 anche l’epigrafista Prof. Luigi (Gigi) Amedeo Sanna che aveva posto in evidenza come il prof. Gian Matteo Corrias, nell’intervista fattagli in quel tempo da Mauro Biglino, aveva detto, tra l’altro, che il nome di yhwh è attestato non solo nella pietra di Aidomaggiore (da lui commentata sulla scorta del nostro studio) ma anche in altri numerosi documenti. invitando tutti a studiare il sigillo pubblicato dalla Scandone (Scarabei e scaraboidi sardi ed egittizzanti del Museo Nazionale di Cagliari, CNR, ROMA 1975) della serie dei sigilli sardi. Sigillo purtroppo illeggibile nel dorso. La Scandone afferma che ci sono ‘quattro segni indecifrabili di cui non è possibile comprendere nè l’origine nè il significato. Forse – proseguiva la Scandone – si tratta di una rozzissima imitazione locale di geroglifici egiziani’. Certo la studiosa negli anni settanta del secolo scorso non poteva esprimersi se non così data la sua ‘ignoranza’ del codice di scrittura nuragica scoperto trent’anni dopo. …..(omissis), ma in realtà il sigillo del Museo nazionale di Cagliari non è illeggibile. Per chi conosce il codice in mix nuragico usato in Sardegna per più di 1500 (millecinquecento) anni è invece leggibile, leggibilissimo. Il sigillo dice ‘IL YH ‘ oppure ‘ILI YH’ se si vuole interpretare quella linea verticale sottilissima che forse allude al fatto che ‘IL’ può essere detto in cananaico anche ILI. Insomma, il sigillo testimonia che in esso c’è scritta l’apposizione e il nome di YH ( DIO YH). Le quattro lettere presenti, chiarissime, sono una ‘yod’, una ‘lamed’, un’altra ‘yod’ e una ‘he’. Tutte lettere arcaiche e ‘nuragicissime’ considerata soprattutto la presenza della ‘he’ lunata con gobba a sinistra (quella ripetuta due volte nella barchetta di Teti, per capirci). Il prof. Corrias alludeva a questi ed altri documenti ancora quando ha praticamente annunciato al mondo che in Sardegna, incredibile a dirsi, il dio venerato era YHWH (o YH o YHH o YHW).

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