Ambientalismo, Liberismo e Sovranismo nella Kultura e nel Minculpop del XXI secolo. E la Sardegna rimpiange il Medioevo. Pensieri in libertà.
In Italia pare divenuto sconveniente, per le persone normalmente dotate, disquisire su concetti che paiono oramai appannaggio esclusivo di due categorie, quella giornalistica e quella politica. A questi si aggiungono i frequentatori dei social, tuttologi per natura, che in nome della democrazia del web possono permettersi di dire e scrivere di tutto e di più sino a creare vere e proprie leggende metropolitane. Una volta era il piccolo schermo, la tv nazional-popolare, a creare le presunte verità; oggi ci pensano i social, amplificando ogni fantasia e nefandezza, frutto spesso di chirurgica malafede finalizzata a mettere in moto la c.d. macchina del fango che, puntualmente, spedisce in soffitta (o all’inferno) il nemico di turno. Di fronte a questa situazione cercare di mettere ordine alla confusione dilagante significa avere grandi probabilità di essere accusati di pressapochismo e di ignoranza, oltre che essere aggiunti all’ignominioso elenco di proscrizione dei conservatori reazionari. La verità degli ultimi 25 anni ci insegna che le categorie di destra e sinistra non sono più sufficienti a rappresentare né le istanze dei cittadini né i partiti che pretendono di rappresentarli, anche se questa verità dirompente non viene, colpevolmente, messa in evidenza da chi, per ruolo, esperienza e storia avrebbe l’autorevolezza per farlo. Ciò che è certo mi pare sia la convenienza mediatica sul piano dei consensi di una falsa rappresentazione della realtà al solo fine di nascondere il vuoto che sta dentro molti pensieri che necessitano di una stampella di cartone per dare l’apparenza di potersi reggere in qualche modo.
In un paese civile come il nostro ci si chiede se sia davvero rimasta la libertà di pensiero, il più mirabile tra tutti i diritti, senza il quale la libertà di espressione sarebbe solo formale e mai sostanziale, giacché ogni pensiero perché poi possa essere espresso, necessita di potersi creare e sviluppare senza condizionamenti che ne turbino la naturale genesi. Qua non si vuole mettere in dubbio che il sale della democrazia sia il confronto e che la democrazia stessa debba essere la naturale mediazione del pensiero di molti, ma si vuole denunciare che l’attuale classe dirigente (tutta), nel suo continuo voler definire ciò che è giusto (morale) da ciò che non è giusto (immorale) finisca di fatto per usare le categorie al solo fine di operare un controllo preventivo del consenso e del potere, inteso come controllo delle cose e delle persone e, ciò che è più grave, lo fa sventolando ragionamenti, concetti, categorie che sono dai più accettate come fatti oggettivi ed inopinabili.
La vera crisi dell’opulente e decadente società italiana, al pari di tutta quella occidentale, sta tutta qui, nella sua incapacità di uscire dalla prigione delle categorie del novecento, figlie delle vicende del secolo precedente. Il passato e la sua storia sono innegabilmente un importante faro per l’umanità, un passato ed una storia pieni di esempi, moniti, gravi errori e grandi conquiste di un’umanità sempre protesa verso un miglioramento della propria condizione non solo economica, ma che, nell’era della new economy, si dimostra incapace di elaborare un pensiero originale utile a saltare gli ostacoli del presente.
Nelle scuole di ogni ordine e grado il programma della Storia con la S maiuscola finiva, già 50 anni fa, con la descrizione della seconda grande guerra e del successivo periodo della c.d. guerra fredda tra i due blocchi est-ovest. A margine di tutto ciò ed in ogni materia (letteratura, Storia, Storia dell’arte, Diritto ad esempio) si approfondivano, secolo per secolo, pensieri, filosofie, rivoluzioni che avrebbero segnato il mondo per sempre andando a costituire una base irrinunciabile della formazione delle nuove generazioni.
A mio parere il novecento, l’ultimo fondamentale secolo del secondo millennio, è stato caratterizzato da una progressiva elaborazione e maturazione dei contenuti già elaborati dai secoli precedenti. tant’è che nessuno sarebbe oggi in grado di indicare un pensiero dominante e caratterizzante riferibile al secolo più tumultuoso per la crescita demografica ed economica di tutta la storia della terra. Mille sono stati i personaggi, anche eccezionali (uno su tutti Ghandi) che hanno animato il XX secolo, ma nessuno è stato capace di promuovere un movimento duraturo e dominante e tutta la cultura, l’arte, la letteratura sono state caratterizzate da una incredibile varietà di proposte e posizioni talvolta inconciliabili e opposte.
Se queste sono le premesse, il XXI secolo non poteva sfuggire a questo andazzo ed ecco spiegata la mia spiccia e poco gentile introduzione. A quasi un secolo dalla nascita del Partito Comunista e del Partito Fascista e dopo due secoli dalla nascita di Marx e oltre due secoli dalla rivoluzione francese e dalla affermazione del pensiero liberale, il linguaggio giornalistico e politico non è cambiato nella sostanza, ancora ancorato a categorie (destra-sinistra, Padroni-Lavoratori) totalmente prive di capacità di rappresentazione della realtà attuale e ciò è ampiamente confermato sia dalla disaffezione ormai cronica dell’elettorato alla partecipazione alla vita politica, sia dalla altrettanto cronica difficoltà della politica di trovare nuove e più confacenti soluzioni al perdurare della crisi sociale in atto ormai da alcuni decenni.
Il mio accenno nel titolo alle categorie dell’ambientalismo, liberalismo e sovranismo, a cui potremmo aggiungere quella del populismo, comunismo, fascismo, nazismo, liberalismo, per citarne alcuni, vuole sottolineare l’uso distorto che di questi concetti ormai si fa in ogni sede per la chiara incapacità dell’attuale classe dirigente italiana (dove sono andati a finire i filosofi e gli economisti di una volta?) di creare nuove e più aderenti categorie in linea con le nuove esigenze di una società che non è solo cambiata, ma che è addirittura diversa (si pensi solo al ribaltamento, in poco meno di 50 anni, del numero di praticanti cattolici in Italia passato dall’ottanta percento a numeri davvero risicati, vicino al 25% nei sondaggi 2016)
In questa situazione caotica e dispersiva, senza più veri riferimenti culturali che possano rappresentare il futuro prossimo, si continua ad ancorarsi, dicevo, a vecchie categorie non senza operare una sostanziale distorsione pro domo propria, perché la semplificazione linguistica (che per me è violenza al lessico ed alla storia) diventa la comoda scorciatoia per nascondere il vuoto di contenuti del proprio pensiero. Oggi per essere tacciati di comunismo, fascismo, nazismo, sovranismo, liberismo, populismo, ateismo, basta essere avversari nella politica, nell’economia, nel mondo della cultura o del lavoro, ma ben pochi sanno dare, a queste categorie, il giusto significato.
Comunismo, fascismo e nazismo sono pensieri e movimenti estremamente diversi che hanno in comune solo l’idea che lo Stato possa o debba pianificare totalmente la vita privata dei cittadini a favore di uno Stato portatore di valori comuni (dei lavoratori, della nazione o del superiore popolo tedesco) e sono stati tutti indistintamente bocciati dalla Storia e, al di là del giudizio storico che gli si voglia dare, totalmente anacronistici ed impraticabili. Oggi è anacronistico addirittura il concetto di cattolicesimo democratico, che pure ha trovato ampio spazio culturale per almeno 50 anni nella vita sociale e politica italiana, figuriamoci le categorie precedentemente citate.
Si continua in malafede a confondere il liberismo con il liberalismo, che pure hanno evidenti punti di contatto, ma che non sono la stessa cosa, tanto che vi sono convinti liberali che si dichiarano contrari al liberismo. Ma anche lo stesso concetto di liberismo non è univoco. Negli ultimi decenni del secolo scorso si è molto parlato del liberismo di Margareth Tatcher, in chiave quasi sempre negativa e che ha finito per rappresentare il modello storico di riferimento. E’ stato poi coniato il termine molto infelice di neo-liberismo, un altro fallito tentativo di semplificazione di una realtà estremamente complessa quale quella economica.
Anche l’accusa di sovranismo mi pare francamente il frutto di una semplificazione inaccettabile, tanto più che è stata mutuata da stampa e social, al pari del termine populismo, ad indicare ben determinati partiti politici. Il concetto di sovranismo in sé risulta intanto vuoto e privo di reale significato se manca un chiaro rapporto tra un’area territoriale ben definita e la sovranità che si vorrebbe rivendicare. Orbene, a parte il fatto che esiste nel vocabolario italiano un termine molto più chiaro ed attinente che corrisponde, a mio parere, all’aggettivo “nazionalista”, non si capisce nemmeno come possa definirsi nazionalista ad esempio un partito (come la Lega) che si è caratterizzata in passato e continua oggi a caratterizzarsi come l’insieme di tante rivendicazioni territoriale distinte. Al massimo penserei più ad un partito sostanzialmente federalista, non sovranista, o meglio nazionalista, che forse potrebbe, al massimo, corrispondere ad una posizione simile quella del partito dei Fratelli d’Italia.
E l’ambientalismo? Anche questa categoria è stata oggetto di abuso ed è stata utilizzata spesso solo a scopo elettorale. Coloro i quali si sono definiti ambientalisti hanno sempre negato che gli altri potessero esserlo, quasi che l’ambientalismo potesse essere di destra o di sinistra o essere rappresentato solo da un raggruppamento politico puro e dedicato.
Molto spesso ho riso per l’uso della lettera K a sostituire il suono della c “dura”, ma la mia citazione in titolo rende bene l’idea che troppo spesso la cultura pare appannaggio esclusivo di quella ascrivibile al pensiero riconducibile alla sinistra, quella che guardava con speranza ad est ed alla K della severa Kultura comunista sovietica. Ma anche Minculpop (acronimo del Ministero della Cultura Popolare di fascista memoria) rende bene l’dea che ho dell’attuale cultura dominante del politically correct, che tutto fa divenire sconveniente e scandaloso, se detto dall’altro, contro il quale è d’uopo, facile ed efficace agitare lo spettro dell’accusa infamante di comunista, fascista, nazista, liberista, sovranista, populista, perpetuando il vuoto di una società che ha tante sensibilità ed energie positive che oggi non riescono più a trovare un luogo in cui fare sintesi. Una volta questi luoghi erano le associazioni, le chiese ed i partiti politici, vere e proprie scuole, fucinei in cui il confronto favoriva la sintesi di energie e pensiero. luoghi che non esistono quasi più, anche per la nostra sfiducia crescente (ed alimentata da stampa e parte della politica) verso le istituzioni religiose e politiche.
E sa Sardigna? Peus de totu s’ateru. Apustis de dughentos annos amos pérdidu sa limba, sa dignidade e puru sa lbertade de pedire sos dirittos nostros, E Carlo Cattaneo s’est ghirande in sa tumba. Fudit menzus in su Medioevo, cando sos res nostros e reinas nostras fiant rispettados in totu s’Europa. Non podimos narrere indipendentzia e autonomia, paragulas malas, non podimos faeddare de natziolalidade e ne mancu de civiltade sarda. Totus narant chi semos italianos comente sos ateros, sempere candu s’arrecodant de ponnere puru sa Sardigna in sas mappas de sa natzione italiana.