Il protezionismo, un male per la Sardegna.
Sul tema del protezionismo, sul quale ho sempre sviluppato una particolare avversione, ho sempre avuto il piacere di condividere il pensiero dell’ideologo del Psd’Az Mario Carboni, ma chi di recente ha scritto lucidamente sull’argomento é sicuramente Adriano Bomboi, del quale riporto letteralmente un passo tratto dal suo ultimo libro dedicato ai problem i finanziari della Sardegna.
Scribe Bomboi: “Pensiamo alla denuncia dell’economista Giuseppe Todde, quando attaccò il protezionismo italiano, artefice di una guerra doganale che chiuse alla Sardegna il crescente mercato delle esportazioni verso la Francia. Pensate, nel 1887 il governo Crispi impose una nuova tariffa doganale sulle importazioni, a cui seguì la ritorsione francese. Prima del 1887 Porto Torres esportava quattro o cinque navi alla settimana di olio d’oliva, vino e bestiame (ben 26.000 capi nel solo 1883). L’esportazione di vino crollò dalle 433.000 £ del 1887 alle 2.881 £ del biennio seguente; in generale le esportazioni del sassarese caddero da 20 mln £ del 1885 alle 400.000 £ del 1893.
A ciò seguì il tramonto di vari piccoli istituti di credito, condannando migliaia di sardi alla disoccupazione, al banditismo, alla ricerca di impieghi pubblici e all’emigrazione. L’annientamento di questa breve fase liberale dell’economia sarda gettò inoltre le basi dell’arrivo di caseari laziali che, nel bene e nel male, nel secolo successivo diedero vita al cosiddetto Pecorino romano; trasformando una materia prima che in loco non godeva più di autonome possibilità di successo. Del resto, varie forme di protezionismo economico proseguirono anche nel Novecento, contestate da pochissimi politici, tra cui il sardista Camillo Bellieni”.