La DEVOLUTION conviene alla SARDEGNA, di Piergiorgio Pira

Introduzione di Gavino Guiso

Una delle obiezioni piú ricorrenti alla mia proposta di piena potestà finanziaria della Sardegna é che l’Isola da sola non potrebbe mai farcela perchè la sua condizione di sottosviluppo satebbe atavica e insuperabile in quanto legata a diversi fattori storici insuperabili, tra cui quello della cosiddetta insularità.

Questa impostazione,  frutto di una mentalità viziata da una strutturale subalternità culturale, é a dir poco offensiva dell’intelligenza dei sardi e non fa che ribadire, spero inconsapevolmente,  le argomentazioni pretestuose sulle quali l’Assemblea Costituente e tutti i sardi fedigraghi nel 1946/1948 respinsero con mille sotterfugi e azioni dilatorie il tentativo del Partito Sardo d’Azione di adottare per la Sardegna uno Statuto Federale.

Che l’argomento sia pretestuoso e totalmente privo di fondamento, di carattere suggestivo e quasi ricattatorio, lo dimostrano sia la storia di molte isole nel mondo (Irlanda, Canarie, Baleari, Malta e la stessa Inghilterra su tutte) evidentemente capaci di esercitare una piena autodeterminazione costituendo stati a sé e raggiungendo un aoddisfacente livello di benessere (anzi l’Irlanda ha dinostrato come sia stata proprio il passsaggio all’indipendenza la chiave del proprio successo), sia la storia della stessa Sardegna, capace proprio nei monenti storici caratterizzati dalla piena autonomia di bastare a sé stessa.

Un’altra forte argomentazione che ho colto in favore di una forza intrinseca endogena dell”isola di Sardegna risiede nel fatto che da millenni essa é stata considerata cruciale come testa di ponte dei traffici marittimi del mediterraneo, culla dell’ intera civiltà dell’ homo sapiens sapiens.

La verità é che oggi la Sardegna ha sicuramente problemi di equilibrio di bilancio, ma paradossalmente (vedi il caso Irlanda, in passato una delle nazioni piú sventurate d’ Europa) la vera scommessa é credere nei sardi e nella Sardegna perchè non ho dubbi che una marcata autodeterminazione possa assixurale ad esempio, la facoltà di elaborare politiche doganali e fiscali ad hoc per l”Isola, anziché continuare, come in tutte le altre materie, a subire leggi e regolamenti pensati per la penisola con l’aggravante, come mi piace affermare, che allo stato (centralizzato) attuale le stesse leggi valgono a Milano come a Lollove, due situazioni diverse alle quali servirebbero sicuramente soluzioni differenti e su misura.

Ció detto e premesso e senza qui indugiare sul fatto che liberarsi del fallimentate sistema burocratico Italia ssrebbe già di per sé un fattore di crescita e liberazione per tutte le imprese ed i lavoratori di qualsiasi parte del Paese, riporto integralmente un articolo scritto dal consigliere nazionale Piergiorgio Pira all’inizio del nuovo millennio come contributo di idee con la speranza di suscitare un serio dibattito scevro da ideologismi e pregiudizi. A me interessa il ragionamento e non voglio in questa sede (anche per mie carenze formative) entrare a piedi uniti sulla questione dei freddi nuneri. Da qualche tempo lavoro con molti valemtissimi amici sul progetto Sardegna Stato Federale. A noi in questo momento interessano le proposte e le critiche costruttive di chi si vuole rapportare per trovare soluzioni miglorative, ma diffidiamo chi invece conservi ancora uno sterile spirito convegnistico o distruttivo che in 70 anni ci ha lasciato esattamente dove amcora siamo, cioé nell’autonomismo di maniera.

Torneró presto sull’ argomento. Questo é solo l’antipasto. Noi crediamo nei sardi e nella Sardegna e nei concetti di consapevolezza e responsabilità.

La DEVOLUTION conviene alla SARDEGNA, di Piergiorgio Pira


L’emendamento alla legge finanziaria 2003, che impone alle aziende operanti in Sicilia di pagare le tasse alla regione, e il successivo emendamento del leghista Pagliarini, che estende in tutta Italia il principio “ le imprese pagano le tasse dove si produce “ ,hanno registrato prese di posizione contraddittorie,paventando ,chissà
quali disastri e rischi di spaccature nel
nostro paese, con l’applicazione del concetto di regionalizzazione delle imposte.
Tali rischi appaiono del tutto infondati e per quanto riguarda la Sardegna , che a noi interessa più da vicino, non si può
affermare , come leggo sulla stampa isolana ” nessun beneficio per l’isola dalla devolution fiscale” e poi continuare dicendo ” la Sardegna ha una vertenza aperta con lo
Stato per aumentare le entrate ma deve essere chiaro che il federalismo fiscale non è un affare per tutto il Sud”. Intanto bisogna dire che la Sardegna non appartiene al Sud ,né geograficamente ne tanto meno per altri motivi.
Senza scomodare G. B. Tuveri che in un
articolo apparso su “La Cronaca” del 27
gennaio 1867 “ma chi oserà attaccare i
campanelli al gatto ? “, molto noto perché è il primo testo nel quale appare la formula “questione sarda”, con dati alla mano dimostrava che già da allora lo Stato italiano, con l’imposizione fiscale, prelevava dalla nostra isola molto più di quanto trasferiva, sull’argomento mi preme
ribadire e ampliare, alla luce degli ultimi avvenimenti, quanto sosteniamo da diversi anni.

Uno studio della Fond. Agnelli, pubblicato alcuni anni fa, sul tema : “Nuove Regioni e riforma dello Stato” metteva in evidenza che l’obbiettivo di raggiungere o avvicinarsi all’autosufficienza finanziaria comporta necessariamente una revisione sostanziale dei
meccanismi di prelievo fiscale nella
direzione di un’ampia autonomia impositiva delle regioni, e insieme l’abbandono delle vecchie logiche di trasferimento delle risorse, che sovente hanno portato, e non soltanto nel corso delle politiche di trasferimento a favore del Mezzogiorno, a scelte non eque e poco efficienti……
L’unico ostacolo per la realizzazione di
quanto sopra, veniva individuato nel
territorio e nella consistenza demografica di alcune regioni, troppo piccole dal punto di vista demografico e territoriale, per le quali si auspicava l’accorpamento.
Essendo un isola il problema non si poneva (e non si pone) per la Sardegna, dove si evidenziava, dati relativi all’anno 1993, che la spesa pubblica ammontava a 20.000 miliardi
di vecchie lire all’anno, mentre le entrate fiscali sarebbero pari a 13.000 miliardi.
Ogni sardo riceverebbe dallo Stato oltre
2mila euro in più rispetto a quanto riscuote complessivamente con il prelievo fiscale iperato nella nostra regione.
Emerge quindi un residuo fiscale pro-capite negativo, differenza tra le entrate e le spese che lo Stato effettua per ciascun abitante.

Detto questo occorre considerare che mentre le uscite, cioè i trasferimenti statali, sono facilmente ed esattamente quantificabili, per quanto riguarda le entrate (cioè tutto il prelievo fiscale operato dallo Stato in un determinato territorio, nel nostro caso la
Sardegna) nell’attuale sistema è
difficilmente quantificabile, in quanto non è disponibile una contabilità dello Stato suddivisa per Regioni, cosa che invece sarebbe possibile con la cosiddetta regionalizzazione delle imposte.
Attualmente, in base alle leggi che regolano il prelievo fiscale, una cospicua parte delle imposte dirette e indirette non vengono
riscosse nel territorio dove si crea la
materia imponibile, come previsto finalmente
dagli emendamenti citati in precedenza, ma, dove il soggetto, individualmente o in forma
societaria ha il domicilio fiscale.

La scelta legislativa di individuare il luogo di riscossione o d’imputazione delle imposte nel luogo di domicilio fiscale del contribuente è solo una convenzione fondata sull’esigenza di rendere agevole l’adempimento tributario del contribuente, che non di stabilire un legame diretto tra
luogo di produzione del reddito e versamento delle imposte.
Ne consegue che attualmente tutte le imposte e tasse dovute dalle ditte individuali e dalle società commerciali che operano nel nostro territorio, (l’elenco sarebbe lunghissimo, mi limito nel ricordare che la stragrande maggioranza delle banche , delle
compagnie di assicurazione, aziende di
trasporti aerei e marittimi, grande
distribuzione commerciale , aziende che operano nel settore turistico,
telecomunicazioni ed energia), e qui
producono materia imponibile, non risultano riscosse nella nostra regione, ma, in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e nel resto del territorio italiano dove le stesse hanno il domicilio fiscale o la residenza
anagrafica. Lo stesso avviene per tutti i
continentali che hanno le seconde case in asardegna e pagano l’IRPEF maggiorata di un terzo nei loro Comuni di residenza e non nei Comuni della Sardegna dove ricadono le loro
case.
Le imposte riscosse in Sardegna sulla base di questa convenzione e in applicazione (da oltre 50 anni) dell’art. 8 dello Statuto Speciale, sono di gran lunga inferiori a quelle che verrebbero quantificate e riscosse con l’applicazione del nuovo criterio.
Con l’introduzione del principio della
regionalizzazione delle imposte il gettito fiscale della Sardegna aumenterebbe notevolmente. Sulla base delle stime da noi
effettuate, l’aumento sarebbe nell’ordine del 55%, stime che vengono ampiamente confermate
anche dai dati pubblicati dal “Il Sole 24
Ore” del 12 u.s., che raffrontando i dati
relativi all’IRAP, imposta su base regionale, e l’IRPEG, riscossa sulla base del domicilio fiscale, emerge che mentre per quest’ultima imposta la nostra isola si colloca su una
percentuale dello 0.36% su base nazionale con 233.816 mln di vecchie lire (dati riferiti all’anno 1999), per quanto riguarda l’IRAP la Sardegna si colloca su una percentuale pari
all’ 1.15% e valore assoluto di 311.181 mln di lire.
Mentre la Regione Lombardia che per quanto attiene all’IRPEG si colloca su una percentuale del 33.29% su base nazionale, scenderebbe sulla base dei dati relativi all’IRAP (criterio di regionalizzazione delle
imposte) ad una percentuale del 29.80% ed avrebbe quindi un gettito inferiore di oltre 3 punti percentuali, smentendo così le affermazioni di quanti sono convinti che il
federalismo fiscale avvantaggerebbe le
regioni del Nord.

In conclusione, scomodando e riprendendo quanto sosteneva G.B.Tuveri nell’articolo citato “… Un governo che pone tanta diligenza
nello spendere il meno che possa nell’Isola, quanta ne pone nel ricavarne sempre di più, …un governo, che nel mentre s’appropria la
maggior parte delle rendite comunali, addossa ai Comuni ed alle Provincie quasi tutti i suoi carichi, e che inoltre li sottopone ad un’amministrazione dissennata e dispendiosissima, un governo insomma, la cui
grettezza non può essere pareggiata che dalla sua avidità; un governo siffatto basterebbe ad immiserire, non noi ma il popolo più industre e più dovizioso della terra.”
Ben venga pertanto il federalismo vero
rimedio per la causa dei nostri mali.
Nuoro, 06.02.2003
Piergiorgio Pira
Direzione nazionale
PARTITO SARDO D’AZIONE