Il presunto suicidio di Amsicora? Un gesto politico, di Gigi Sanna.

FORSE ‘SARA’ BENE BATTERE IL FERRO ANCORA CALDO. PERCHE’ NON SIAMO AFFATTO CONVINTI DEL SUICIDIO BANALE (‘ALLA ROMANA’, PER COSI’ DIRE) DI AMSICORA.

Come premessa. Abbiamo affermato non poche volte, a partire già dal mio volume del 2004, che in nuragici scrivevano ‘a tutto campo’ e che il loro codice riguardava solo il sacro. Praticamente tutto quello che era sacro era scritto e tutto quello che era scritto era sacro. Il ‘laico’ non era contemplato. Nel nuragico si vede subito quando un’olla fa parte di un corredo sacro oppure di una comune dispensa. E’ per questo principio che sino ad oggi non si è trovato (e credo che mai si troverà) un coccio, una pietra o un oggetto in metallo che parli, come nella scrittura palaziale della ‘lineare b’, di permute, di acquisti, di transazioni, ecc. Abbiamo citato (e pubblicato le immagini) centinaia di documenti che attestano questo aspetto della documentazione scritta arcaica della Sardegna, aspetto che forse si può trovare fortemente mantenuto solo nel system etrusco. Anche l’ultimo documento di cui sono venuto a conoscenza, rinvenuto nel sud della Sardegna, quello che costituirà il mio tradizionale regalino di Natale per gli amici, è legato alla sacralità e ci dice (il come lo vedremo) di che cosa è simbolo il toro. Le monete di Amsicora non sfuggono alla norma e anch’esse, riguardando la ‘religio’ (il capo sardo figlio toro della divinità taurina) sono scritte. Abbiamo visto come, a mio modesto parere, lo statere aureo riporti praticamente il contenuto della stessa scritta che conosciamo da non poco tempo, quella della pietra fallica di Terralba dove c’è scritto (v. fig. in all.) ‘Vigore di lui continuo toro continuo della luce continua’. Riporta cioè la parola, assai comune nella documentazione nuragica, NL’AG HE. Voce che, naturalmente, è anche quella della moneta. Amsicora, lo si capisce bene, è ancora ‘nuraghe’ (e questo penso che la dica lunga sulle statue taurine di Monte ‘e Prama che si alternano, come si sa, all’immagine del nuraghe). Amsicora è ancora, dopo così tanto tempo. ‘toro immortale della luce’. Ma ammesso e non concesso che lo statere ‘parli’ d’altro e che noi si possa avere torto, c’è ancora un documento, una moneta in potin, che attiene alla monetazione sarda del III secolo a.C. che parla con ogni probabilità di Amsicora (mi pare anche a detta del dott. Lulliri). Ora, quella individualità non la dobbiamo cercare di comprendere dall’immagine e da nostre elucubrazioni: la dobbiamo afferrare da ben altro e cioè dalla scrittura. Perché la moneta non riporta simboli e decorazioni ma contiene significanti che sono organizzati per dare senso compiuto. Non c’entrano, a mio parere, il grano come simbolo e l’agricoltura specifica sarda antica che lo possa riguardare o altro ancora che possa dirsi in qualche modo associato all’animale. C’entra invece la scrittura a rebus, la scrittura criptica ideografica, la scrittura nascosta che gli scribi nuragici nei secoli non abbandonarono mai, neanche dopo la sconfitta di Cornus. Infatti, il motivo spiga -toro vuol dire semplicemente ‘figlio del toro’ perchè in semitico (quel semitico che gli scribi nuragici usarono per la religione) BR significa sia ‘spiga, grano’ che ‘figlio’, come sanno coloro che leggono il V.T. (Per il valore di ‘grano, spiga’ v. Ger 23, 28). E che le cose stiano così, sempre a mio modesto parere, tende a dimostrarlo, più che sufficientemente, il diadema (segno di regalità), di Amsicora che si presenta senza spighe e senza il corno (taurino); spighe e corno che , se presenti, avrebbero costituito una ripetizione del concetto già espresso nel rovescio. Infatti, tutta la moneta sia nel diritto che nel rovescio si legge così: MR (acrofonia di MLK + R’Sh) nel diritto e BR ‘AK nel rovescio e cioè ‘ Re, Signore (è) il figlio del toro’. Lascio perdere qui considerazioni linguistiche che si potrebbero fare sul nome (BR’K) o i nomi di Amsicora, ma questo non è un saggio scientifico e, come tantissime volte abbiano spiegato, nel mio profilo di facebook ci sono sempre più o meno semplici informazioni e brevi considerazioni che offro, naturamente per quello che valgono, all’interesse degli amici cari per le cose nostre antiche.
Ora, se così stanno i fatti e la mia interpretazione della moneta è valida, mi pare che anche questa, come fonte diretta, possa rendere plausibile l’ipotesi che Amsicora non si sia ucciso per dolore e per disperazione ma per ben altro. Il suo, visto alla luce delle fonti documentarie, si dimostra un gesto politico e religioso nello stesso tempo, un commovente attestato di eroismo di cui tutti per sempre dovremmo andare fieri. Sperando, con e per queste ultime parole di non essere accusati gratuitamente quanto scioccamente di mitopiesi.