Isiste un codice di lettura nell’iconografia funeraria etrusca? di Prof. Gigi Sanna

(MA OMERO NON VI DICE NULLA?)

Le riflessioni che seguono sono tratte da un intervento del Prof. Gigi Sanna, il piú insigne epigrafista della cultura nuragica che negli anni ha voluto dedicarsi alla collegata cultura etrusca.

E’ da tempo che vado dicendo, ovviamente inascoltato, che esiste un codice a rebus che riguarda l’espressione iconografica funeraria etrusca. Un codice che ricorda tanto i rebus delle pitture delle Domus de Jana e delle sculture piccole e grandi dei nuragici. Tale codice ha la chiave epigrafica in una scrittura che si basa essenzialmente su tre espedienti: quello della ideografia, della numerologia e della acrofonia. Un sarcofago etrusco, ad esempio, all’apparenza si presenta agli storici dell’arte e della religione etrusca ‘semplicemente’ decorato e cosparso di simboli. Invece esso è scritto, con un lessico ed una sintassi evidenti. Ha il ‘suono’, oltre che il ‘decus’ e il ‘simbolo’. Esporre qui la ‘chiave epigrafica’, sciogliere il rebus e tradurre il senso degli ‘oggetti’ funerari sarebbe cosa lunga e forse anche noiosa, ma per far capire l’esistenza di detto ‘suono’ ovvero della scrittura potrebbe essere sufficiente già l’esame di una sola parte di un documento, cioè della cassa di un sarcofago di Chiusi che presenta tra gli altri segni, disposti specularmente, un grosso portone che campeggia al centro di tutta la raffigurazione. Cosa significa? In che relazione si trova con i due cipressi, con le due ‘bende’ sospese e con i due corni su cui esse si trovano appese? Il disegno complessivo della cassa è stato generalmente ritenuto esito di decorazione astratta, con simboli funerari di difficile interpretazione. Simboli e astrazione che si riscontrano, come sappiamo, in non pochi disegni delle casse dei sarcofaghi etruschi. Ma così non è perchè se si applica la suddetta chiave epigrafica si comprende che il ‘portone’ è segno ideografico, è segno di lessico che dà origine al lessico successivo e quindi alla lettura del motivo cosiddetto ‘astratto’. Cosa ci dice, al di là del ‘reale’, della voce immediata ‘portone’, quello strano segno? Se lo consideriamo ‘ideografico’ (segno che dà l’idea e suggerisce qualcosa) il portone (talora blindato, rafforzato con grosse ‘bullae’ come appare in altre casse di sarcofaghi) ci porta subito all’idea della ‘certezza’, della ‘sicurezza’. Un portone così è difficile da abbattere, resta saldo e impedisce che qualcuno possa entrare in un palazzo o in una abitazione. Se dunque il segno portone è ideografico possiamo iniziare la lettura con il sostantivo ‘Sicurezza’, assoluta ‘certezza’. Inizio a cui seguirà il significato degli altri segni disposti specularmente ovvero raddoppiati. In un testo di carattere funerario quella certezza rimanda alla sola certezza che è stata di tutti i tempi e di tutti i luoghi circa il destino dei defunti: la certezza della rinascita. Ma per saperlo ‘scientificamente’ è necessario comprendere e ‘tradurre’ tutto il resto. Ora, voi direte, che c’entra mai Omero in tutto ciò? Per rendersene conto è consigliabile il passo omerico (Od.264 -268) dove Ulisse, non ancora riconosciuto dal porcaro Eumeo, di fronte al muro di recinzione e al portone del suo palazzo dice: ‘ Eumeo, è molto bello il palazzo di Odisseo. E’ facilmente riconoscibile anche tra molti. Tutto vi è alla perfezione e vi è un cortile con il muro e i rinforzi. E anche c’è una porta sicura a due battenti, tale che nessuno armato potrebbe forzarla’. Il recinto prima e il portone del palazzo di Ulisse suggeriscono quindi ‘sicurezza’, una ‘certezza assoluta’. Da questa ‘idea’ dobbiamo anche noi iniziare la lettura della cassa del sarcofago per comprendere il resto ‘scritto’ ermeticamente, con un sofisticatissimo procedimento a rebus.