Berlusconi, cerchiamo di raccontarlo senza pregiudizi.

Questi giorni non si fa che un gran parlare di Berlusconi ed ognuno tira acqua al proprio mulino e soprattutto si conferma una informazione certo pluralista, ma anche caotica e particolarmente sensibile al complottismo ed ai titoli acchiappa-click. Certo, ancora per qualche giorno ci sarà un poco di pudicizia a sparare sul morto, ma c’é già chi si é sbracciato per dissociarsi dalle tante manifestazioni di cordoglio e dalla scelta di celebrare funerali di stato, una passerella che contribuisce a legittimare la figura di Berlusconi tra i grandi personaggi pubblici della storia d’Italia e questo duole ad una parte significativa degli italiani, specie a quella che dell’arma della delegittimazione ha fatto utilizzo a piene mani. Ma andiamo al punto.

In tanti, forse in troppi, si sono sentiti in obbligo di dedicare al personaggio Berlusconi un articolo, un video, un’intervista, una nota, una battuta. Ma tutti a mio parere hanno sbagliato su un punto fondamentale: valutano l’uomo sulla base delle categorie odierne dimenticando che é sceso in campo non più giovanissimo, nel 1994, praticamente un’altra era della poltica ed ha inciso profondamente nella sua evoluzione successiva. E questo è innegabilmente un punto a suo favore.

La nuova DC

Berlusconi di fatto, con la propria discesa in campo del 1994, ha fondato una nuova Democrazia Cristiana, più moderna, più liberale, più liberista, meno moralista, più veloce nelle decisioni e nell’adattarsi ai grandi e continui cambiamenti, ovviamente a discapito di un modello molto più partecipativo e democratico, ma che gli italiani, dopo il fenomeno Mani Pulite, avrebbero mostrato di non volere più. I democristiani, peraltro, hanno fatto fatica ad abituarsi all’idea che la DC fosse destinata al tramonto e per anni hanno tentato invano di rianimarla, ma il sistema elettorale e la presenza di Berlusconi hanno costituito un muro invalicabile, direi proprio un tappo.

Il Tappo

La discesa in campo di Berlusconi ha di fatto costituito una sorta di tappo che ha condizionato e bloccato la situazione politica italiana per almeno 25 anni, tanti quanti ne sono stati necessari per vedere come leader del raggruppamento di centro destra qualcuno che non fosse lui in prima persona, cioé Salvini e Meloni. Diciamo la verità, a parte le questioni giudiziarie ed in particolare la brutta immagine conseguente all’affare conosciuto come bunga bunga, l’elemento che ha giocato un ruolo fondamentale nel suo declino é stato quello anagrafico, altrimenti non ce ne saremmo liberati più.

La foglia di fico

La presenza di Berlusconi in politica per decenni ha costituito la foglia di fico con la quale tutti i partiti hanno potuto nascondere la propria inadeguatezza. Il centro destra ha trovato in Berlusconi l’uomo capace di tenere unito un fronte che, non dimentichiamolo, nel 1993 Mario Segni aveva mostrato impossibile tenere insieme. Lega ed Alleanza Nazionale infatti, erano entrambi nazionalisti, ma chi mastica di ideologia nazionalista sa bene che i nazionalismi in Italia sono fondamentalmente due: quello rivendicativo e liberatorio di stampo leghista e quello accentratore e celebrativo della stato forte di stampo missino, ancora legato alla retorica della romanità. E con la Lega che urlava contro Roma ladrona solo Berlusconi poteva fare il miracolo di tenere insieme una coalizione così composita. Gli ex democristiani, di fatto, per il loro esiguo peso numerico, non hanno mai avuto veramente alternative. Quindi Berlusconi, che non era poi così amato dagli altri leader della coalizione, è stato il puntello e contemporaneamente la spina della coalizione di centro destra, come lo è stato per i partiti avversi, che sul suo nome, o meglio contro il suo nome, hanno potuto trovare un ottimo collante per far convivere anime storicamente nemiche, dalla sinistra massimalista, a quella riformista (per usare una categoria che non condivido, ma che rende l’dea) sino ad arrivare all’ambientalismo ed al cattolicesmio denocratico (il cosidetto catto-comunismo). E’ così che nacque l’Ulivo e la candidatura del democristiano Romano Prodi.

La rivoluzione lilberale mancata

Berlusconi si è presentato agli italiani con la proposta di una nuova Italia liberale, ma ben presto si è dovuto arrendere all’evidenza di un’Italia dove regnano bassa produttività, assistenzialismo, lassismo, socialismo strisciante, comunitarismo, moralismo, per non parlare del benaltrismo e dell’opportunismo. I primi nemici del pensiero liberale in Italia sono da sempre stati gli italiani, poi i paritit (tutto l’arco costiituzionale nessuno escluso), la Chiesa Cattolica (fu il Regno di Sardegna poi Regno d’Italia di matrice liberale ad annettere lo Stato pontificio e costringere il Papa ad isolarsi a Castel Sant’Angelo in segno di protesta), per non parlare del Partito Comunista, storicamente antagonista e che vedeva nel liberalismo il pensiero dei padroni e nel liberismo la strumento di sfruttamento della classe operaia. La DC, paradossalmente, era stata in passato lontana da pensiero liberale per tutte queste ragioni messe insieme.

Il partito anti partito

Berlusconi è riuscito a far convivere l’idea di un partito che era allo stesso tempo partito tradizionale e moderno movimento, con una struttura ben radicata, ma leggera e compatta, capace di mobilitarsi a dovere in occasione delle urne, ricalcando un po’ la tradizione politica americana.

L’anticomunismo

Se è vero che gli italiani non hanno mai storicamente avuto particolari simpatie per il pensiero liberale di matrice europea, spesso artatamente confuso con il fascismo e che proprio i’antfascismo è stato il cemento col quale è stata concepita la Costituzione repubblicana, è stata d’altra parte l’dea del pericolo comunista ad essere tra gli ingredienti fondamentale dell’azione berlusconiana,

Il sogno

Berlusconi, non dimentichiamolo, è stato nella vita un grande uomo di marketing ed è riuscito a parlare agli elettori uscendo fuori dagli schemi del politichese.

Un leader incontrastato ed incontrastabile

Grazie al successo nella vità personale, Berlusconi poteva contare su una formidabile forza esterna alla politica, In pratica non giocava alla pari con nessun altro o meglio, nessuno era in grado di giocare alla pari con lui per mezzi e relazioni, uniti ad una capacità di azione tempestiva e talvolta geniale ed imprevedibile. Nessuno è stato in grado, per decenni, di tenergli testa.

Leader nella politica perché leder nella vita

Berlusconi aveva dimostrato in diversi campi la propria capacità di ben interpretare il ruolo di leader e di raggiungere risultati fuori dal comune. La sua credibilità politica era basata proprio sul fatto che egli aveva dimostrato con i fatti e sul campo e nella vita quoridiana di avere degli obiettivi chiari e di saperli raggiungere. I suoi successi come costruttore, editore e dirigente calcistico sono stati il suo miglior biglietto da visita.

La burocrazia

Berlusconi piaceva a molti italiani perché, da buon liberale, considerava lo Stato come qualcosa al servizio del cittadino, una visione esattamente comtraia a quella socialista, secondo la quale lo stato e soprattutto gli interessi dello stato vengono prima dei diritti del singolo individuo. Che poi questa visione abbia prodotto nel tempo riforme capaci di incidere significativamente su questo aspetto è altra questione.

Dopo Berluscnni i partiti

Cosa ha rappresentato Berlusconi per gli altri partiti

Per Alleanza Nazionale, , Berlusconi é stato lo sdoganatore della destra sociale al governo, ma ha dovuto per anni rununciare a concorrere alla leadership della coalizione. Fini docet. Stessa cosa si può dire della Lega, che senza Berlusconi sarebbe rimasto confinato in Padania. Per gli ex democristiani Berlusconi è stato il male minore, uno spazio insperato nel quale molti cavalli di razza hanno potuto continuare a tessere le prorpie trame. Oltre Casini, Buttiglione ed i relativi raggruppamenti, non dimentichiamo ad esempio il ministro dell’interno Pisanu.

Berlusconi all’estero

All’estero Berlusconi è stato invidiato, ammirato, ma anche temuto ed osteggiato, soprattutto come imprenditore e come modello da non replicare nei propri paesi. Il modello Trump è stato spesso accostato a quello berlusconiano, ma sinceramente penso che in comune vi sia solo l’idea dell’imprenditore di successo che si cimenta in politica. Per il resto si tratta di due personaggi direi diametralmente opposti, sia culturalmente, sia caratterialmente, sia per il tipo di discesa in campo, sia per la diversissima situazione poltiica statunitense. Un’altra persona in un contesto completamente diverso, insomma.

Berlusconi e la magistratura

I 77 procedimenti a carico di Berlusconi, che hanno impegnato la magistratura italiana per trenta lunghi anni, al di là di qualsiasi giuidizio sui singoli capi di imputazione e del oro epilogo, hanno rappresentato una tale mole di accuse da rasentare l’inverosimile, finendo per alimentare la sua principale tesi difensiva tutta incentrata sulla denuncia di una magistratura politicamente avversa perennemente impegnata in una meticolosa opera persecutoria.

Berlusconi ed il giudizio della storia

I detrattori di Berlusconi avrebbero voluto trovare il modo di metterlo all’indice perché fosse cancellato dalla storia e fosse allontanato ignominiosamente dalla poltica e nonostante tutti gli sforzi non ce l’hanno fatta. Di fatto Berlusconi ha rivestito più voilte la carica di Presidente del Consiglio e sempre quello di leader di un raggruppamento poltico misurandosi con un sistema denmocratico che ha scelto di volta in volta ora di indicarlo al governo dell’Italia ora all’opposizione, nell’ambito di una normalissima dialettica democratica. Amzi, proprio dopo la sua discesa in campo è stato possibile in Italia avere un’alternanza al Governo del Paese, dopo oltre 40 anni di ininterrotto governo a trazione democristiana rispetto al quale nessuno si è mai sognato di gridare al golpe.

Berlusconi di fatto è stato già giudicato dalla storia, perché della sua vita, anche personale, delle sue aziende e delle sue iniziative politiche sappiamo praticamente tutto e più ancora è stato presunto per cui veramente non potremmo inventarci un bel nulla. Nessuno scoop, nessun colpo di scena potrebbe mai cambiare l’idea di un uomo che è stato accostato, da vivo, ai peggiori vizi ed i peggiori reati. Inoltre una parte significativa degli italiani si sono immedesimati in Berlusconi, nei suoi successi, ma anche nei suoi guai, che l’hanno reso più umano dei vecchi politici in doppio petto, lui che aveva un abito diverso per ogni occasione. Quindi smettiamola di dover ad ogni costo dare un giudizio definitivo sull’uomo, sull’imprenditore e sul poltico, perché nei fatti Berrlusconi è stato un pezzo d’Italia per 30 anni e per altrettanto li ha rappresentati secondo un legittimo mandato elettorale.

E ora?

Non si può nascondere che l’Italia sia da questo momento orfana di Berlusconi, che lascia un vuoto incolmabile tanto nei seguaci che nei detrattori, ma bisogna anche dire che in tanti all’idea si stavano già iniziando ad adatttare. Le leadership prima di Salvini e poi di Meloni ne sono stati un primo segnale inequivocabile, ma un uomo capace di dare stabilità alla politica non lo troveremo domani mattina. Non dimentichiamo infatti che ha il record di durata di un governo della storia repubblicana e che ha tenuto praticamente stabile per quasi 30 anni la coalizione di centro destra.

E io?

Per quel che conta non ho mai amato particolarmente Berlusconi, ma questo passava il convento e con questo abbiamo dovuto confrontarci come elettori. Io mi sento di essere profondamente liberale e in Italia non c’é ancora spazio per questo pensiero, ma non posso dimenticare che se non fosse sceso in campo nel 1994 probabilmente in quel momento avremmo avuto il primo governo comunista della storia repubblicana e questo non solo non si é avverato, ma ha spinto la sinistra verso una proposta politica più moderna e moderata, quella dell’Ulivo di Romano Prodi e del primo vero compromesso storico tra comunisti e democristiani. Un bel passo avanti verso un sistema dell’alternanza che non facesse paura.

Quanto invece alla qualità ed alle dinamiche del sistema poltico attuale, il mio auspicio è quello di tormare ad un sistema più democratico e partecipativo basato sui partiti e sul federalismo. Dopo trent’anni di politica populista contro il sistema dei partiti, dovremmo puntare ad un recupero della partecipazione dei cittadini alla vita politica attraverso una nuova legittimazione dei partiti che giustamente la costituzione indica quali insostituibili organizzazioni associative finalizzate alla elaborazione, condivisione e promozione di idee poltiche. Da decenni si fondano nuovi partiti avendo cura di chiamarli diversamente, ma il succo non cambia e non esiste altro strumento possibile di partecipazione democrativa e consapevole alla vita politica ed il mio auspicio è che i cittadini di buona volontà vi si iscrivano in massa. Con un sistema federale, infine, si dovrebbe costruire un nuovo sistema istituzionale capace di avvicinare i territori ed i cittadini a centri decisionali decentrati che vadano nella direzione della condivisione e responsabilizzazione. L’attuale sistema accentrato e deresponsabillizzante é lento ed inefficiente e lascia sempre spazio a giutificazioni. Quando tutto si decide a Roma tutto è colpa di Roma ed il gioco é fatto. A troppi conviene non decidere e non assumersi responsabilità. E’ venuto invece l’ora di assumersele.

Gavino Guiso