Francesco Cesare Casula: 537 anni di Regno di Sardegna hanno consentito la nascita della Repubblica Italiana.

(Fonte: note sull’autore reperibili sul sito Internet della Società in nome collettivo Carlo Delfino editore & C. con sede in Sassari)

Riporto le rilessioni del professor Francesco Cesare Casula, docente di Storia medioevale all’Unuversità di Cagliari dal 1980 al 2008, é nato a Palermo da genitori sardi, che all’età di 90 anni vuole rimarcare il ruolo insostituibile del Regno di Sardegna nella formazione della Repubblica Italiana. In realtà il cambio di nome fu una forzatura giuridica…..Nutro qualche perplessità, ma non c’é dubbio che gli elementi introdotti contribuiscano a gettare luce sulle vicende storiche del Regno di Sardegna.

Quando, negli anni Ottanta, ho cominciato a scoprire nella Storia il valore della Statualità, non pensavo che se l’applicavo alla Storia sarda avrei scoperto un mondo nuovo e sorprendente, che abbatteva e rivoluzionava tutto ciò che avevo imparato a scuola – ovverosia la Storia politica, militare, letteraria, artistica, sociale, ecc. della Penisola italiana – e poneva la Sardegna, seppur povera di valori evenemenziali (in effetti, non abbiamo grandi avvenimenti da sbandierare), alla base della formazione dello Stato che comprende tutti noi, isolani e continentali, oggi chiamato Repubblica Italiana, ieri Regno d’Italia, all’inizio, nel 1324, Regno di Sardegna. Da allora in poi non faccio che trovare documenti d’archivio, carte politiche, monumenti, leggi, governance, emblemi, ecc. riguardanti la Sardegna insulare e peninsulare nell’arco di ben 537 anni (più della vita dell’America che conta solo 529 anni). Certo, non si tratta di Sardegna antropologica o fisica ma di Sardegna istituzionale. Ma non vedo perché, quando viene cambiato arbitrariamente il nome allo Stato nel 1861, da Regno di Sardegna in Regno d’Italia, tutto è diventato istituzionalmente italiano (compresi noi Sardi) mentre quando lo Stato si chiamava Regno di Sardegna i regnicoli sono chiamati, dai miei colleghi storici, Piemontesi e non Sardi. Ribadisco che il valore di questa mia nuova proposizione della Storia non è astratto, indirizzato ad esaltare una materia di studio, ma politico e, come tale, attuale e cocente. È inutile, anche se vero, piangere i torti che ci hanno fatto in passato i Romani o i Bizantini o gli Aragonesi o i Savoia; è invece utile e fondamentale inculcare nelle menti isolane e continentali che il contenitore statuale nel quale agiamo ed operiamo tutti noi, è sardo, indiscutibilmente sardo, e che perciò siamo la prima Regione d’Italia da rispettare per la sua storia, per la sua lingua, per le sue tradizioni, per i suoi modi di vita.