Antica Siria e antica Sardegna unite nel nome di yhwh

Riflessioni dell’epigrafista Prof. Gigi Sanna

ACCETTARE I DATI SCIENTIFICI NON E’ SOLO ATTO INTELLETTIVO. E’ ANCHE E SOPRATTUTTO ATTO MORALE.

La scienza è bene comune, è progresso democratico senza confini, è libertà. Accettare i dati inconfutabili di essa è atto intellettivo ma anche e soprattutto atto morale. Per comprendere questo prendiamo ad esempio il recente dato scientifico che ci riguarda molto da vicino ovvero la scoperta del piombetto delle maledizioni nel Monte Ebal in Palestina. L’atto intellettivo, mosso dal confronto inevitabile, ci porta a dire che la scritta del piombetto, messa in luce dagli scienziati con rigoroso metodo scientifico, è pressoché identica a quelle che si apprezzano nei documenti sardi bronzei di Tzricotu di Cabras e in quelli fittili di Orani. L’atto intellettivo cioè mette in relazione dei documenti che però non sono stati trovati in uno stesso luogo ma in luoghi diversi del Mediterraneo e assai distanti tra di loro: Siria antica e Sardegna antica. L’atto intellettivo quindi induce a credere che yhw, il nome scritto della divinità, è stato manifestamente oggetto di culto e di venerazione in entrambi i luoghi. Tanto più che yhw è scritto in uno stesso system o codice alfabetico: quello cosiddetto ‘protocananaico’ che contempla l’uso di segni consonantici in mix, alcuni recenti altri antichi o addirittura antichissimi. Tanto più ancora che, sia in Siria che in Sardegna, da ferrea documentazione yhw è chiamato anche yh, yhh e yhwh. Il dato intellettivo è tanto forte che porta inevitabilmente a dire, anche se vanamente, il classico ‘assurdo’, ‘incredibile’. Tutto credibile invece: il dato scientifico non confutabile, acquisizione non dogmatica ma esito puro di razionalità, grida che yhw non era un dio localizzato in un determinato territorio e che pertanto bisogna ovviamente cercare di capire il come e il perchè del fenomeno religioso antico. Ma detto atto intellettivo resta sterile e vuoto se ad esso la comunità scientifica non accompagna l’atto morale e cioè il riconoscimento ‘immediate’ e ‘apertis verbis’ del dato e la sua straordinaria eccellenza data dal fatto che entrano in gioco aspetti inediti non solo di tipo religioso (o di scienza delle religioni) ma anche aspetti di tipo linguistico (o di scienza della scrittura). Questi ultimi importantissimi come quelli che, senza se e senza ma, interrompono la polemica in quanto affermano che nella Sardegna dell’età del bronzo finale (se non da prima) c’era l’uso della scrittura. Una affermazione con un punto enorme. Definitivo. Se però l’atto morale non avviene perchè in ambito accademico c’è la paura della rapida sconfessione dei paradigmi (il politeismo nella Sardegna antica, l’assenza della scrittura, la mancanza di documenti scientifici o fonti dirette, l’assenza di rapporti diretti commerciali e quindi di ‘eccellenti’ influssi culturali, ecc.); se ci sono l’indifferenza e l’immobilismo strumentali, se c’è il procrastinare ipocrita della conoscenza del certo, allora lo ‘intelligere’ non basta e il ‘bene comune’, il ‘progresso democratico’ e la ‘libertà’ non ci sono o vengono vergognosamente ostacolati. E ciò non è tollerabile. Non è tollerabile che la tristezza di alcuni accademici clamorosamente sconfessati per le loro avventate affermazioni (spesso delle pure elucubrazioni) limitino o annullino la gioia universale dei molti per l’avanzamento della conoscenza